Emily Dickinson

The Complete Poems
Tutte le poesie

F951 - 1000

Traduzione e note di Giuseppe Ierolli


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Appendice

Indice Franklin
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F951 (1865) / J809 (1864)

Unable are the Loved to die
For Love is Immortality,
Nay, it is Deity -

Unable they that love - to die
For Love reforms Vitality
Into Divinity.

    Incapaci sono gli Amati di morire
Perché l'Amore è Immortalità,
Anzi, è Deità -

Incapaci coloro che amano - di morire
Perché l'Amore trasforma la Vitalità
In Divinità.

Il testo riportato sopra è quello nei fascicoli. La prima strofa fu inviata a Susan (L305) in occasione della morte della sorella Harriet Cutler, l'8 marzo 1865 (nell'edizione Johnson delle lettere la data della morte è 18 marzo 1865).

Nell'edizione Johnson la versione intera è datata nel 1864, facendo perciò presumere che ED abbia poi utilizzato la prima strofa per il biglietto a Sue. Franklin invece indica per entrambe la data del 1865 e suggerisce che la copia nei fascicoli, e di conseguenza la stesura della seconda strofa, sia successiva al biglietto.
Mi sembra più probabile l'ipotesi di Franklin, ovvero che i tre versi siano stati scritti come biglietto di condoglianze a Sue e poi trascritti nei fascicoli con l'aggiunta della seconda strofa, che arricchisce di un'immagine speculare la prima.


F952 (1865) / J847 (1864)

Finite - to fail, but infinite - to Venture -
For the one ship that struts the shore
Many's the gallant - overwhelmed Creature
Nodding in Navies Nevermore -
    Finito - fallire, ma infinito - Osare -
Per una nave che si mostra impettita alla riva
Molte sono le ardite - sommerse Creature
Mai più in Flotte ondeggianti -

Osare è l'atto che ci avvicina di più all'infinito, anche se il rischio ha in sé la possibilità del fallimento, tanto che per uno che supera la prova ce ne sono tanti che sperimentano invece la sconfitta.
Interessanti i termini che ED usa negli ultimi due versi. "Gallant" può significare "galante", "coraggioso, magnanimo" e "splendido, magnifico"; per quest'ultima definizione il Webster cita una passo da Isaia (33,21) che potrebbe aver dato uno spunto a ED, visto che qui come nella poesia si parla di navi: "Neither shall gallant ships pass thereby." Nelle due edizioni italiane che ho della Bibbia versetto è reso così: "né l'attraverserà naviglio più grosso." e "dove non penetrano le potenti navi." Io ho scelto di tradurre "gallant" con "ardite" perché mi sembra il significato più adatto all'"osare" del primo verso, ma l'ambiguità del termine inglese va persa, anche perché il "nodding" dell'ultimo verso, che ho tradotto in senso figurato con "ondeggiare" significa propriamente "inchinarsi, chinare la testa", un verbo che fa bene il paio con il primo significato di "gallant" e ha anche una relazione con il "to strut" del secondo verso, che può essere tradotto anche con "pavoneggiarsi, camminare a testa alta". Insomma è uno di quei casi in cui le sottili sfumature fra i diversi significati di parole correlate fra loro creano molte possibili interpretazioni, difficilmente riproducibili in un'altra lingua.


F953 (1865) / J848 (1864)

Just as He spoke it from his Hands
This Edifice remain -
A Turret more, a Turret less
Dishonor his Design -

According as his skill prefer
It perish, or endure -
Content, soe'er, it ornament
His Absent Character.

    Giusto come fu presentato dalle sue Mani
Questo Edificio rimanga -
Una Torretta in più, una Torretta in meno
Disonorerebbe il suo Disegno -

Secondo quanto la sua maestria preferisca
Perisca, o duri -
Contento, comunque, di ornare
L'Assenza di Lui.

Nel Webster una delle definizioni di "to speak ("spoke", v. 1)" è "[transitivo] To exhibit; to make known." e a titolo di esempio sono citati due versi di Milton (Paradise Lost, VIII, vv. 100-101): "Let heav'n's wide circuit speak / The Maker's high magnificence." ("Lascia che il vasto cerchio del cielo renda palese / L'alta magnificenza del Creatore." - o anche "... parli / Dell'alta magnificenza del Creatore."). Probabile che ED si sia ispirata a questi versi, anche perché in quelli che seguono (vedi il testo sotto) Milton utilizza, come ED, il termine "edifice" riferendosi alla creazione divina.

And for the Heaven's wide circuit, let it speak
The Maker's high magnificence, who built
So spacious, and his line stretched out so far;
That Man may know he dwells not in his own;
An edifice too large for him to fill,
Lodged in a small partition; and the rest
Ordained for uses to his Lord best known.
    Quanto all'ampio circuito del cielo, lascia che parli
l'alta magnificenza del Fattore, che volle costruire
in un simile spazio, estendendo i confini lontano,
così che l'uomo sappia che non è solo la propria dimora;
un edificio per lui troppo vasto per essere riempito,
così disposto in una zona minima, e il resto ordinato
secondo gli usi noti soltanto al suo Signore.
(Traduzione: Roberto Sanesi)

L'edificio creato da Dio deve restare così com'è, qualsiasi cambiamento altererebbe il suo alto disegno. Sta a Lui decidere quanto debba durare questo edificio, che resta comunque un ornamento, una sorta di interprete di un personaggio che in realtà è assente o, forse, semplicemente non esiste.
Letta così potrebbe essere usata come un manifesto ecologico, che ci mette in guardia dalle alterazioni che l'uomo sta infliggendo alla natura.
Nell'ultimo verso l'uso del termine "character" fa pensare a un "personaggio" (ovvero Dio) interpretato sulla scena del mondo dalla sua creazione, ovvero la natura. Non ho trovato un modo di rendere bene la cosa in italiano e così ho tradotto con "L'Assenza di Lui.", che credo lasci inalterato il concetto di "assenza" di Dio dal mondo, parzialmente rimpiazzata da quell'ornamento concreto che chiamiamo natura.


F954 (1865) / J849 (1864)

The good Will of a Flower
The Man who would possess
Must first present Certificate
Of minted Holiness.
    Se la buona Volontà di un Fiore
Un Uomo volesse possedere
Dovrebbe prima presentare un Certificato
Di coniata Santità.

La "good will" del primo verso si riferisce probabilmente agli "uomini di buona volontà" dei vangeli, un attributo che è innato nella natura e che invece l'uomo deve conquistare dimostrando la bontà del suo comportamento al di là di ogni dubbio.
La "Holiness" dell'ultimo verso può anche essere letta come la santità che deriva dalla fede e, in questo caso, il senso si sposterebbe verso la "certificazione" di una fede inossidabile e senza dubbi.


F955 (1865) / J850 (1864)

I sing to use the Waiting,
My Bonnet but to tie
And shut the Door unto my House
No more to do have I

Till His best step approaching
We journey to the Day
And tell each other how We sung
To Keep the Dark away.

    Canto per impiegare l'Attesa,
Tranne che allacciarmi la Cuffia
E chiudere la Porta di Casa
Altro da fare non ho

Finché all'accostarsi del Suo ineguagliabile passo
Viaggeremo verso il Giorno
E ci diremo l'un l'altro come cantavamo
Per Tenere lontano il Buio.

Il "cantare" del primo verso è certamente un cantare poetico, che riempie le giornate di ED, vuote di impegni concreti, e nelle stesso tempo impiega l'attesa di ciò che avverrà nella seconda strofa, dove le interpretazioni del soggetto legato a quell'"His" del quinto verso possono essere due: il passo dell'amato o il passo della morte (in questo caso "His" può riferirsi alla morte, sempre al maschile in ED, o a Dio). Nel primo caso l'arrivo dell'amato permetterà a entrambi di godere della luce della felicità; nel secondo l'attesa finirà con l'arrivo della morte, quando ci avvieremo verso la luce dell'immortalità.
A favore della prima interpretazione c'è il settimo verso, dove ED sembra dire: "solo in quel momento potremo raccontarci a vicenda quella vita nella quale siamo stati separati, e che cosa abbiamo fatto per sopportare quel buio". A favore della seconda il tono generale dei versi, che suggerisce la futilità della vita mortale, vista come mera attesa di un "giorno" che potrà spuntare veramente soltanto dopo il "viaggio" del penultimo verso. In questo caso, il settimo verso può essere interpretato come il ritrovarsi in un luogo da dove gli affanni della vita saranno solo un ricordo.


F956 (1865) / J810 (1864)

Her Grace is all she has -
And that, so least displays -
One Art to recognize, must be,
Another Art, to praise -
    La sua Grazia è tutto ciò che ha -
E che, così poco esibisce -
Un'Arte per riconoscerla, dev'esserci,
Un'altra Arte, per lodarla.

Il testo riportato sopra è nei fascicoli. Un'altra copia fu inviata a Susan, identica nel testo e con due virgole al posto dei trattini nei primi due versi.

I versi potrebbero riferirsi a un fiore che accompagnava il biblietto a Susan, ma anche un benevolo commento su una conoscenza comune.


F957 (1865) / J851 (1864)

When the Astronomer stops seeking
For his Pleiad's Face -
When the lone British Lady
Forsakes the Arctic Race

When to his Covenant Needle
The Sailor doubting turns -
It will be amply early
To ask what treason means -

    Quando l'Astronomo smette di cercare
Il Volto delle Pleiadi -
Quando l'ormai sola Lady Britannica
Abbandona l'Artica Rotta

Quando all'Ago Convenuto
Il Marinaio in dubbio si rivolge -
Sarà sempre troppo presto
Per chiedersi cosa significhi il tradimento -

È difficile definire il tradimento, perché è il crimine di chi volta le spalle a tutto ciò in cui dovrebbe credere. Perciò per riuscire a capirne la natura ci vorrebbe un tempo più lungo di quanto possiamo immaginare.
Per capire il senso di questo poesia bisogna, ancora una volta, leggere la definizione che dà il Webster di "treason": "Treason is the highest crime of a civil natura of which a man can be guilty." descrivendo poi i vari tipi di tradimento, riconducibili comunque a quello che noi chiameremmo "alto tradimento", ovvero tradire la patria, specialmente in tempo di guerra.
La "British Lady" del terzo verso è Lady Jane Franklin, moglie di Sir John Franklin (1786-1847), che per dieci anni finanziò ricerche nelle regioni artiche canadesi dopo il mancato ritorno del marito, partito nel 1845 per la Terra di Baffin. La ricerca si concluse nel 1858, quando furono trovati i resti della spedizione.
Al terzo verso ho tradotto "lone" con "ormai sola" perché questa parola, oltre a "solitaria" significa anche "non sposata o in stato vedovile" e dire semplicemente "solitaria" di Lady Franklin non mi sembrava adatto.


F958 (1865) / J927 (1864)

Absent Place - an April Day -
Daffodils a'blow
Homesick curiosity
To the Souls that snow -

Drift may block within it
Deeper than without -
Daffodil delight but
Him it duplicate -

    Luogo assente - un Giorno d'aprile -
Le giunchiglie in fiore
Nostalgica curiosità
Per Anime innevate -

Il cumulo ostruisce dentro
Più a fondo che fuori -
La giunchiglia delizia solo
Colui che la imita -

Un giorno d'aprile, un periodo in cui la natura si risveglia e invita anche gli uomini a sbocciare a nuova vita, può essere un giorno assente per chi nell'anima non ha altro che gelo; un gelo il cui ammucchiarsi non è fermato dal caldo sole primaverile e che ostruisce l'anima molto più profondamente di quanto possa ostruire qualsiasi cosa esterna, concreta. Lo sbocciare di un fiore può dare gioia solo a chi sente anche dentro di sé questo sbocciare, altrimenti la giunchiglia in fiore non è altro che una nostalgica curiosità di passate primavere.
Il quarto verso può essere letto come una cerniera: a conclusione della prima strofa e, insieme, inizio della seconda.


F959 (1865) / J852 (1864)

Apology for Her
Be rendered by the Bee -
Herself, without a Parliament
Apology for Me -
    Le scuse per Lui
Siano rese dall'Ape -
Lui stesso, senza un Parlamento
Scuse per Me -

Probabilmente i versi accompagnavano un fiore (al femminile, come sempre in ED) inviato per scusarsi di qualcosa, intendendo che quel fiore sarebbe bastato per presentare le sue scuse, molto più di tante parole ("parliament").
Ho tradotto "Her" al primo verso come riferito al fiore ma il pronome potrebbe anche intendersi come riferito alla destinataria.


F960 (1865) / J928 (1864)

The Heart has narrow Banks
It measures like the Sea
In mighty - unremitting Bass
And Blue monotony

Till Hurricane bisect
And as itself discerns
It's insufficient Area
The Heart convulsive learns

That Calm is but a Wall
Of Unattempted Gauze
An instant's Push demolishes
A Questioning - dissolves.

    Il Cuore ha stretti Argini
Che misura come il Mare
In possente - ininterrotto Mormorio
E in Azzurra monotonia

Finché l'Uragano lo infrange
E come da sé discerne
Il suo Spazio insufficiente
Il Cuore convulso impara

Che la Calma è solo un Muro
D'Inaffidabile Garza
La Spinta di un istante lo demolisce
Un Dubbio - lo dissolve.

Il cuore, ovvero l'amore, la facoltà di amare, è come chiuso in argini molto stretti, ma, come il mare, pensa in grande, non ha la sensazione di questo spazio angusto che lo racchiude. Ma prima o poi viene spezzato da un uragano che lo investe e gli fa percepire che quello che aveva considerato uno spazio senza limiti (ovvero un amore infinito) è in realtà ben poca cosa, un sottile muro di impalpabile garza che non riesce certo a proteggerlo. E si accorge così, nei convulsi attimi della consapevolezza, di come, a differenza del mare, non ci sia bisogno di un uragano per demolire e dissolvere ciò che lui credeva incrollabile: per sconvolgere quella calma superficie di illusoria serenità basta la lieve spinta di un istante, o un improvviso dubbio che mette in discussione quella che sembrava una certezza.
Bella la contrapposizione di immagini contrastanti. L'argine ristretto in cui si muove il cuore paragonato all'immensità del mare, perché misura il proprio spazio con la stessa possente e monotona tranquillità (qui la "monotonia" va intesa in relazione alla "calma" del nono verso). Poi l'uragano, concreto nel caso del mare e vissuto come tale per un cuore un tumulto, che rivela d'improvviso come sia illusoria quella tranquillità, diventata un inaffidabile muro di garza in balia del più lieve soffio di vento.


F961 (1865) / J853 (1864)

When One has given up One's life
The parting with the rest
Feels easy, as when Day lets go
Entirely the West

The Peaks, that lingered last
Remain in Her regret
As scarcely as the Iodine
Upon the Cataract -

    Quando si abbandona la vita
La separazione da ciò che resta
Appare facile, come quando il Giorno lascia andare
Interamente l'Occidente

I Picchi, che indugiarono per ultimi
Rimangono nel Suo rimpianto
Impalpabili come il Violetto
Su una Cascata -

Abbandonare la vita in fin dei conti è una cosa facile, normale, perché ciò che resta è ormai passato, lontano, appartenente a una dimensione che non è, e non sarà mai più, nostra. È come quando il giorno lascia sparire l'occidente, lasciando sui picchi più alti una luce fioca che vive solo del rimpianto di un sole ormai sparito, o come la luce violetta e impalpabile che balugina nel continuo cadere delle cascate, la cui acqua sfugge via inesorabilmente.
Ho tradotto "cataract" con "cascata" anziché con "cataratta" perché nel Webster la definizione è chiaramente riferita alle cascate, tanto che a titolo di esempio vengono citate quelle del Niagara.


F962 (1865) - J812 (1864)

A Light exists in Spring
Not present on the Year
At any other period -
When March is scarcely here
A Color stands abroad
On Solitary Fields
That Science cannot overtake
But Human Nature feels.

It waits upon the Lawn,
It shows the furthest Tree
Upon the furthest Slope you know
It almost speaks to you.

Then as Horizons step
Or Noons report away
Without the Formula of sound
It passes and we stay -

A quality of loss
Affecting our Content
As Trade had suddenly encroached
Upon a Sacrament -

    Una Luce esiste in Primavera
Non presente nell'Anno
In qualsiasi altro periodo -
Quando Marzo è a malapena qui
Un Colore sta là fuori
Su Campi Solitari
Che la Scienza non può cogliere
Ma la Natura Umana avvertire.

Aspetta sul Prato,
Mostra il più remoto Albero
Sul più remoto Pendio che conosci
Quasi ti parla.

Poi quando gli Orizzonti si avviano
O i Mezzogiorni replicano lontani
Senza Formula di suono
Passa e noi restiamo -

Un senso di perdita
Intacca il nostro Contento
Come se un Commercio s'insinuasse d'un tratto
In un Sacramento -

Una luce misteriosa, quasi inconoscibile, germoglia brevemente all'inizio della primavera, quando marzo è appena arrivato. È un colore indefinibile, che resta appartato e lontano, un colore che non sappiamo definire con gli strumenti della scienza, ma che avvertiamo nel nostro intimo. Non riusciamo mai a vederlo da vicino, riusciamo a scorgerlo di sfuggita, sull'albero o sul paesaggio più lontano e in quei momenti sembra quasi che ci parli. La sua vita è breve, quando le giornate si fanno più lunghe e gli orizzonti e i mezzogiorni prendono nuova vita, se ne va in silenzio, lasciandoci la bellezza dell'estate ma, nel contempo, un senso di perdita che non sappiamo definire esattamente, ma che intacca la nostra gioia per l'arrivo della bella stagione, con il suo splendore che sembra però troppo carnale in confronto all'eterea bellezza di quel fuggevole colore.
Bellissima poesia, che descrive in modo perfetto ciò che definisce indescrivibile. Il settimo e ottavo verso hanno valenza che va al di là del soggetto della poesia: potrebbero essere usati per tutte quelle cose che sentiamo dentro di noi e non riusciamo a definire esattamente, con i soli strumenti della concretezza. Il verso 12 e il verso 15 ne sono quasi una parafrasi, con quel suono che riusciamo quasi a sentire con la mente ma che non esiste per le nostre orecchie. Molto bella anche l'immagine finale, con l'estate calda e carnale che dà gioia ai nostri sensi ma che sembra come un vile commercio in confronto alla pura interiorità di un sacramento.


F963 (1865) / J854 (1864)

Banish Air from Air -
Divide Light if you dare -
They'll meet
While Cubes in a Drop
Or Pellets of Shape
Fit -
Films cannot annul
Odors return whole
Force Flame
And with a Blonde push
Over your impotence
Flits Steam.
    Bandisci l'Aria dall'Aria -
Dividi la Luce se osi -
S'incontreranno
Come Cubi in una Goccia
O Palline di una Forma
Si adattano -
Le Membrane non annullano
Gli Odori ritornano intatti
Forza la Fiamma
E con un Biondo impulso
Sulla tua impotenza
Guizza il Vapore.

Non possiamo agire su ciò che sfugge alla presa dei nostri sensi, sarebbe come voler bandire l'aria dall'aria, o cercare di tagliare la luce. Puoi provare a calare un coltello su un raggio di luce, ma vedrai che immediatamente le parti illusoriamente separate si riuniranno, così come si adattano alla loro forma naturale le parti di una goccia d'acqua o gli elementi di una figura. E ciò che nella concretezza si vede, la buccia di un frutto, la pelle di un essere umano, non riesce a contenere il tutto, gli odori di dentro si spandono intatti e impalpabili nell'aria. Prova a forzare una fiamma, vedrai l'illusione di un impulso subito trasformato in un guizzo di vapore, che si sparge sulla tua incapacità di controllarne la forma.
Poesia non facile da interpretare. Probabilmente qui ED vuole rappresentare la nostra impotenza ad agire in profondità sul mondo, su quelle cose apparentemente concrete (l'aria, la luce, gli odori) o di una concretezza che nasconde (la forma - shape - ma anche l'apparenza di una figura, il fuoco, i velami - così ho tradotto "films", che significa "pellicola sottile" e può essere applicato alla pelle, alle bucce e a qualsiasi cosa che vela, nasconde), senza poter agire sulla sostanza delle cose, che quasi sempre sfugge alle nostre possibilità.


F964 (1865) / J1105 (1864)

Like Men and Women Shadows walk
Upon the Hills Today
With here and there a mighty Bow
Or trailing Courtesy

To Neighbors doubtless of their own
Not quickened to perceive
Minuter Landscape as Ourselves
And Boroughs where We live

    Come Uomini e Donne le Ombre passeggiano
Sulle Colline Oggi
Qua e là un profondo Inchino
O un'affettata Gentilezza

A Vicini senza dubbio loro pari
Non stimolati a percepire
Un minuscolo paesaggio come Noi
E i Borghi in cui viviamo

Un'immagine comune e familiare come una passeggiata per le colline, diventa una descrizione dell'estraneità di chi è ormai ridotto a ombra e non ha più nessuno stimolo a osservare l'insignificante paesaggio costituito da noi ancora vivi e dai luoghi che per noi sono tutto il mondo.
Al verso 4 "trailing" significa in questo caso "che si abbassa, che tocca terra", come una riverenza esagerata; ho perciò tradotto con "affettata". ED indica anche una variante: "sweeping" (che spazza in terra), con un significato figurato praticamente uguale.
C'è un'altra copia della poesia, inviata a Susan, uguale nel testo ma senza suddivisione in strofe.


F965 (1865) / J929 (1864)

How far is it to Heaven?
As far as Death this way -
Of River or of Ridge beyond
Was no discovery.

How far is it to Hell?
As far as Death this way -
How far left hand the Sepulchre
Defies Topography.

    Quanto è lontano il Cielo?
Lontano quanto la Morte quaggiù -
Al di là di Fiume o Monte
Non c'era evidenza.

Quanto è lontano l'Inferno?
Lontano quanto la Morte quaggiù -
Tanto lontano il lato sinistro che il Sepolcro
Sfida la Topografia.

ED si chiede quanto siano lontani il cielo e l'inferno, e risponde riportando queste due entità, incommensurabili e misteriose quanto opposte, al mistero della morte che permea la nostra esistenza. Lo fa dandoci due immagini della morte. Nella prima strofa un qualcosa che ci porta oltre il mondo che vediamo (e oltre il concetto di spazio nella variante al terzo verso "Of Fathom or of League beyond", ovvero "Al di là di Braccio o di Lega" - intese come unità di misura) ma non ci concede nessun indizio su ciò che vi troveremo. Nella seconda qualcosa che ci porta nel sepolcro, un luogo concreto e visibile che però, nella sua vera essenza, sfida ogni concetto di topografia, appartenendo ad un ambito misterioso e inconoscibile che non è raffigurabile con gli strumenti che conosciamo. Nell'ultimo verso, la variante "Forbid that any know -" ("[che] Impedisce a tutti di sapere -") chiarisce ulteriormente l'impossibilità di conoscere.
Se ne deduce che la risposta alle domande che danno inizio alle due strofe è: la distanza che ci separa del cielo o dell'inferno non è misurabile, perché è come quella che ci separa dalla morte, dove ogni concetto a noi familiare svanisce e ci porta, seppure ci porti da qualche parte, oltre i luoghi a noi familiari, in un misterioso "al di là" dove niente di ciò che conosciamo quaggiù ci può essere d'aiuto per immaginarlo o comprenderlo.
Negli ultimi due versi quel "left hand" va inteso come un riferimento al Giorno del Giudizio, quando Dio separerà i buoni e i cattivi mettendo i primi alla sua destra e i secondi alla sua sinistra. Perciò il "lato sinistro" è l'inferno del primo verso della strofa, inconoscibile anche nel sepolcro, che, "sfidando la topografia" (ovvero la conoscenza esatta dei luoghi) non ci dà alcun riferimento per individuarlo.


F966 (1865) / J816 (1864)

A Death blow - is a Life blow - to Some -
Who, till they died,
Did not alive - become -
Who had they lived
Had died, but when
They died, Vitality begun -
    Un colpo Mortale - è un colpo Vitale - per Alcuni -
Che, fino a quando non morirono,
Non divennero - vivi -
Che se fossero vissuti
Sarebbero morti, ma quando
Morirono, la Vitalità iniziò -

Inviata a Susan nel 1865, probabilmente dopo la morte della sorella Harriet Cutler l'8 marzo di quell'anno. Ci sono altre due copie, trascritte in quattro versi (1 / 2-3 / 4-5 / 6): una nei fascicoli (1865) e una acclusa a una lettera a Higginson del 17 marzo 1866 (L316).

La vita non esiste di per sé ma è un qualcosa che bisogna conquistare giorno per giorno. Per questo ci sono alcuni che vivono soltanto una vita biologica e non la vera vita. Per loro probabilmente è la morte l'inizio di una vitalità che non ebbero mai.


F967 (1865) / J933 (1864)

Two Travellers perishing in Snow
The Forests as they froze
Together heard them strengthening
Each other with the words

That Heaven if Heaven, must contain
What Either left behind
And then the cheer too solemn grew
For language, and the Wind

Long steps across the features took
That Love had touched that Morn
With reverential Hyacinth -
The taleless Days went on

Till Mystery impatient drew
And those They left behind
Led absent, were procured of Heaven

As Those first furnished, said -

    Due Viaggiatori morenti sulla Neve
Le Foreste mentre gelavano
Insieme li udirono rincuorarsi
L'un l'altro con le parole

Che il Cielo se Cielo, doveva contenere
Ciò che Entrambi lasciavano dietro di sé
E poi il sollievo troppo solenne crebbe
Per parlare, e il Vento

Lunghi passi misurò su quei volti
Che l'Amore aveva toccato quel Mattino
Con reverente Giacinto -
Giorni senza storia sopraggiunsero

Finché il Mistero si fece impaziente
E a quelli che Essi lasciarono dietro di sé
Divenuti assenti, fu procacciato quel Cielo

Del quale Quelli forniti prima, dicevano -

Due viaggiatori sorpresi dal gelo invernale, ma anche dal gelo della vecchiaia e della morte, si fanno coraggio l'un l'altro: è più facile affrontare la morte quando non si è soli. Parlano di come sarà il cielo, dicono che per essere veramente cielo dovrà contenere, oltre al mistero che non sappiamo, tutto ciò che si stanno lasciando alle spalle; i ricordi, gli affetti, gli amori. Poi il conforto che si danno l'un l'altro diventa solenne, preludio all'atto supremo della morte, e non lascia più spazio alle parole. E allora il vento, la natura, si prende cura di quei volti ormai nell'oscurità, sui quali il mattino della vita aveva sparso i fiori dell'amore, e il tempo continua inarrestabile il suo corso, finché il mistero torna e prende anche quelli che erano rimasti. Anche a loro verrà dato quel cielo, così terreno e intriso di nostalgia, che avevano descritto i due viaggiatori che per primi lo avevano raggiunto.
Qui ED riprende il tema della J930-F811, un aldilà sconosciuto e misterioso che immaginiamo nell'unico modo che è concesso alla nostra ragione: un luogo dove l'eterna gioia sia pur sempre accompagnata dalla coscienza del nostro passato, da ciò lasceremo dietro di noi quando entreremo nel mistero.
Nell'edizione Johnson l'ultimo verso è unito alla strofa che lo precede, ma nel manoscritto, nei fascicoli, è scritto chiaramente a parte.


F968 (1865) / J866 (1864)

Fame is the tint that Scholars leave
Upon their Setting Names -
The Iris not of Occident
That disappears as comes -
    La Fama è la tinta che i Dotti lasciano
Sui loro Nomi che Tramontano -
Non l'Iride d'Occidente
Che scompare com'è venuta -

La fama tinge d'immortalità i nomi dei dotti arrivati al tramonto delle loro vite sapienti. Ed è un colore che resta, non come quei colori dell'iride che appaiono al tramonto e svaniscono subito dopo.


F969 (1865) / J867 (1864)

Escaping backward to perceive
The Sea upon our place -
Escaping forward, to confront
His glittering Embrace -

Retreating up, a Billow's hight
Retreating blinded down
Our undermining feet to meet
Instructs to the Divine.

    Fuggire all'indietro per percepire
Il Mare al nostro posto -
Fuggire in avanti, per confrontarsi
Col suo luccicante Abbraccio -

Ritirarsi in alto, in vetta ad un'Onda
Ritirarsi accecati in basso
I nostri piedi erosi a incontrare
Istruisce al Divino.

Nella nostra vita tendiamo a fuggire, a ritirarci di fronte a ciò che ci appare nuovo, diverso, misterioso. Eppure possiamo usare questo istinto anche per prepararci al divino, ovvero al nuovo, al diverso, al misterioso che ci aspetta dopo la morte. Per farlo dobbiamo essere capaci di fuggire indietro, riuscendo però a percepire la presenza del mare (qui metafora della fantasia, della libertà, dell'immaginazione, come nella J520-F656) che prende subito il nostro posto, per poi fuggire di nuovo, stavolta in avanti, per godere del suo luccicante abbraccio. Così come dobbiamo essere capaci di ritirarci (qui nel senso di guardare in noi stessi) in alto, fino in cima a un'onda di quel mare, e poi saper anche guardare in basso, fino all'estremità di noi stessi, a quei piedi erosi dalla fatica di vivere.
Molto bello il contrasto fra le due strofe. In entrambe ED usa verbi che danno il senso di una fuga, di un ritrarsi, come un fuggire dall'ingrata fatica di vivere. Ma poi nella prima strofa il fuggire diventa consapevolezza della splendente bellezza della nostra mente, un mare che luccica di curiosità e voglia di vivere. Nella seconda il cammino è inverso: la mente può contemplare le sue vette ma deve anche saper guardare in basso, alla propria concretezza, al proprio essere legata ad un corpo inevitabilmente eroso dal tempo. Solo se siamo in grado di saper vivere queste contraddittorie esperienze possiamo dire di esserci istruiti a dovere per affrontare il divino.


F970 (1865) / J975 (1864)

The Mountain sat upon the Plain
In his enormous Chair -
His observation omnifold,
His inquest, everywhere -

The Seasons played around his knees
Like Children round a Sire -
Grandfather of the Days is He
Of Dawn, the Ancestor -

    Il Monte sedeva sulla Pianura
Nel suo enorme Seggio -
La sua osservazione onnicomprensiva,
La sua inchiesta, dappertutto -

Le Stagioni gli giocavano intorno ai ginocchi
Come Bambini intorno a un Padre -
Nonno dei Giorni è Egli
Dell'Alba, l'Antenato -

I monti come simbolo più visibile della grandezza e dell'apparente perennità della natura (vedi anche la J667-F787 e la J722-F745), espressa soprattutto nei due ultimi versi.
Al verso 2 ho scelto la variante "enormous" al posto di "tremendous" (per lo stesso termine c'è anche la variante "Eternal"). Visto che "tremendous" significa anche "enorme" e in questo caso mi sembra usato proprio in questo senso, ho preferito il termine più diretto.


F971 (1865) / J912 (1864)

Peace is a fiction of our Faith -
The Bells a Winter Night
Bearing the Neighbor out of Sound
That never did alight.
    La Pace è un'invenzione della nostra Fede -
Le Campane una Notte d'Inverno
Portano il Vicino oltre il Suono
Che non discese mai.

La pace, ovvero l'eterno riposo che segue la morte, è una consolatoria invenzione della fede. Nella realtà, le campane che suonano in una notte d'inverno (la stagione che più si avvicina alla morte, alla caducità) ci dicono che qualcuno vicino a noi sta andando oltre quel suono, quella sensazione immateriale e illusoria, mai concretizzato quaggiù. Un luogo, o qualsiasi altra cosa sia, di cui non sappiamo niente e che ci illudiamo di conoscere chiamandolo "pace".


F972 (1865) / J823 (1864)

Not what We did, shall be the test
When Act and Will are done
But what Our Lord infers We would
Had We diviner been -
    Non su cosa facemmo, sarà l'esame
Quando Atto e Volontà saranno conclusi
Ma su cosa Nostro Signore dedurrà avremmo fatto
Fossimo stati più divini -

Quando la nostra vita sarà conclusa arriverà il momento dell'esame. Ma attenzione, affrontiamolo con più tranquillità di quanta potremmo permettercene considerando tutto ciò che abbiamo fatto. Dio ci conosce, sa che un esame del genere, senza nessun aiuto, potremmo difficilmente superarlo, e allora giudicherà non su quello che "abbiamo" fatto ma su cosa "avremmo" fatto se la creazione dell'uomo gli fosse venuta un po' meglio, insomma se fossimo riusciti un po' più "divini" di quanto siamo in realtà.


F973 (1864) / J976 (1864)

Death is a Dialogue between
The Spirit and the Dust.
"Dissolve" says Death,
The Spirit "Sir
I have another Trust" -

Death doubts it -
Argues from the Ground -
The Spirit turns away
Just laying off for evidence
An Overcoat of Clay -

    La Morte è un Dialogo fra
Lo Spirito e la Polvere.
"Dissolviti" dice la Morte,
Lo Spirito "Mia Signora
Io ho un'altra Fede" -

La Morte ne dubita -
Argomenta da Sottoterra -
Lo Spirito volge altrove
Lasciando a testimone solo
Un Soprabito d'Argilla -

Qui la morte viene quasi spogliata della sua natura ultraterrena e pretende di fare un lavoro completo, di cancellare del tutto la persona che ha ghermito. Lo spirito però si ribella, rivendicando una fede che trascende la morte. Ma quest'ultima continua a dubitare di questa pretesa immortalità, che in fin dei conti la declassa: i suoi argomenti sono piuttosto concreti, visto che vengono espressi da una tomba. Ma lo spirito non si lascia coinvolgere, volge altrove i suoi passi lasciando alla morte soltanto un rivestimento d'argilla, quella polvere che serve solo come soprabito all'anima e può essere poi tranquillamente abbandonata testimoniando con la sua inerte concretezza che lo spirito se n'è andato da qualche altra parte.
Ogni tanto ED si concede queste riflessioni che esorcizzano la morte. Tuttavia non riesce a eliminare del tutto il dubbio e stavolta rovescia i "forse" che non manca mai di aggiungere alle sue dichiarazioni di fede, facendo paradossalmente diventare la stessa morte scettica sull'effettiva realtà di una fede che promette l'immortalità. Poi conclude la poesia con una delle sue tipiche immagini che mescolano il quotidiano con il trascendente: il corpo come soprabito d'argilla dello spirito.


F974 (1865) / J1114 (1864)

The largest Fire ever known
Occurs each Afternoon -
Discovered is without Surprise
Proceeds without concern -

Consumes without Report to Men
An Occidental Town -
Rebuilt in time next Morning
To be burned down again.

    Il più esteso Fuoco mai conosciuto
Si verifica ogni Pomeriggio -
È guardato senza Sorpresa
Procede senza destare interesse -

Consuma senza Riferirlo agli Uomini
Una Città a Occidente -
Ricostruita in tempo il Mattino dopo
Per essere bruciata di nuovo.

Il testo riportato sopra è quello nei fascicoli. In un'altra copia, inviata a Susan, ci sono due varianti: al verso 5 "and no" al posto di "without" e al verso 7 "another morning" ("un altro giorno") al posto di "in time next Morning"; quest'ultima era una delle tre varianti indicate nel testo dei fascicoli (le altre due: "Without insurance" -"Senza assicurazione"- e "to the Horizon" - "all'Orizzonte").

Il tramonto come incessante fuoco che divora l'occidente, in un ciclico ritorno che, pur nella sua grandiosa bellezza, passa ormai inosservato. Ma ci pensa il mattino a riedificare ciò che la sera sarà bruciato di nuovo.
Gardini interpreta diversamente la seconda strofa: "consuma e notizia non giunge / d'alcuna città d'occidente / ricostruita il mattino / per farsi falò nuovamente.". Detta così, dà l'impressione di una sorta di interruzione del ciclo naturale delle cose, come se, una volta bruciato, l'occidente non desse più segni di vita. A me sembra invece che i primi due versi della strofa (che fra l'altro terminano con il trattino - e con la virgola nella versione inviata a Susan -) dicano: "Il tramonto non riferisce agli uomini ciò che fa perché la sua ciclica grandezza prescinde da coloro che ne sono spettatori", mentre negli ultimi due ED ci rassicura sul fatto che quell'occidente, che sembra essere stato bruciato dal tramonto, sarà senza dubbio riedificato dal mattino, per poi ripercorrere l'incessante cammino di morte-rinascita.


F975 (1865) / J913 (1864)

And this, of all my Hopes
This, is the silent end
Bountiful colored, My Morning rose
Early and sere, it's end

Never Bud from a stem
Stepped with so gay a Foot
Never a Worm so confident
Bored at so brave a Root

    E questa, di tutte le mie Speranze
Questa, è la silenziosa fine
Prodigo di colori, il Mio Mattino sbocciò
Precoce e inaridita, la sua fine

Mai Germoglio da uno stelo
Spuntò con così gaio Passo
Mai un Verme così sicuro di sé
Bucò con tale audacia una Radice

Un'amara e disillusa visione della vita, alla quale ci si affaccia con gioia e speranza, per poi vederla subito inaridirsi e finire. La morte, ma anche il dolore e la disillusione, sono visti come un verme che attacca, baldanzoso e sicuro di sé, una radice, conficcata nel terreno ma anch'essa preda predestinata.
Il terzo verso si presta a due letture, non riproducibili in italiano. Se consideriamo "rose" il passato del verbo "rise": "il mio mattino si levò, è sorto"; se invece lo leggiamo come sostantivo: "la mia rosa mattutina". Ho scelto la prima lettura, traducendo però "rose" con "sbocciò" per mantenere un qualche modo una connotazione che faccia pensare ad un fiore.


F976 (1865) / J977 (1864)

Besides this May
We know
There is Another -
How fair
Our speculations of the Foreigner!

Some know Him whom We knew -
Sweet Wonder -
A Nature be
Where Saints, and our plain going Neighbor
Keep May!

    Oltre a questo Maggio
Sappiamo
Che ce n'è Un altro -
Che bello
Speculare sul Forestiero!

Qualcuno conosce Colui che conoscemmo -
Dolce Meraviglia -
Che una Natura vi sia
Dove i Santi, e un qualsiasi Vicino che sta andando
Serbino Maggio!

L'aldilà visto come immagine speculare del mondo in cui viviamo, un altrove dove però ritroveremo quello che abbiamo lasciato. È bello fare ipotesi su questo mondo così straniero e così affascinante (ma attenzione, sono soltanto ipotesi, speculazioni - anche stavolta siamo ben lontani dalle certezze); suona dolce alla nostra mente immaginare che ci sarà qualcuno là che adesso conosce colui che noi conoscemmo qui, sapere che c'è una natura altra (c'è una variante a questa parola: "section", che forse precisa ancora meglio il carattere di segmento, di sezione del mondo che conosciamo, di questo altrove) dove i santi, e il nostro vicino che si sta accingendo ad andarci, potranno vivere le nostre stesse sensazioni.


F977 (1865) / J914 (1864)

I cannot be ashamed
Because I cannot see
The love you offer -
Magnitude
Reverses Modesty

And I cannot be proud
Because a Hight so high
Involves Alpine
Requirements
And Services of Snow -

    Non posso vergognarmi
Perché non posso vedere
L'amore che offri -
La Grandezza
Rovescia la Modestia

E non posso inorgoglirmi
Perché un'Altezza così alta
Implica Alpini
Requisiti
E Servizi da Neve -

Il senso della poesia è chiaro: l'amore che tu offri è talmente grande che nessun sentimento umano può essergli vicino, può esprimerlo. Né la vergogna per un tale privilegio, visto che l'assoluta grandezza di questo amore (non ho tradotto con "magnitudine" perché in italiano è un termine usato quasi esclusivamente in astronomia) è al di là e al di sopra della modestia, né, d'altronde, l'orgoglio, perché per scalare vette così alte c'è bisogno di requisiti che certamente nessuno possiede su questa terra.
Il problema è stabilire se l'amore del terzo verso è umano o divino. Io propendo per quello divino, soprattutto per la frase del secondo e terzo verso. L'impossibilità di vederlo e il fatto che venga offerto fa pensare di più all'amore divino, invisibile perché al di là della nostra comprensione e che ci viene offerto dall'infinità bontà di Dio. Però il verso "see" ha molti significati figurati: se lo leggiamo, per esempio come "partecipare" o "visitare" il senso può diventare più "terreno". Anche qui comunque ED non si lascia tentare dall'etereo: alla fine della poesia ci riporta alla concretezza con i requisiti alpini e l'equipaggiamento da neve.
Nell'ultimo verso ho tradotto letteralmente (pensando ai "servizi da tavola"), visto che anche in inglese "services of snow" è una frase che non viene comunemente usata. Si poteva tradurre con "equipaggiamenti, attrezzature", ma si sarebbe persa la connotazione inusuale dell'originale.


F978 (1865) / J915 (1864)

Faith - is the Pierless Bridge
Supporting what We see
Unto the Scene that We do not -
Too slender for the eye

It bears the Soul as bold
As it were rocked in Steel
With Arms of Steel at either side -
It joins - behind the Vail

To what, could We presume
The Bridge would cease to be
To Our far, vascillating Feet
A first Nescessity.

    La Fede - è il Ponte senza Pilastri
Che porta ciò che vediamo
Verso la Scena per Noi invisibile -
Troppo tenue per l'occhio

Esso regge l'Anima spavaldo
Come fosse avvolto nell'Acciaio
Con Braccia d'Acciaio a entrambi i lati -
Si unisce - al di là del Velo

A ciò che non sappiamo, altrimenti
Il Ponte cesserebbe di essere
Per i Nostri remoti, vacillanti Passi
Una Necessità primaria.

La fede in una duplice veste. Da una parte un ponte incorporeo che conduce la concretezza verso luoghi troppo tenui per essere visti dai nostri difettosi occhi mortali. Dall'altra uno spavaldo sostegno d'acciaio per l'anima. Ma è un ponte che conduce al di là di un velo, in quel luogo nascosto e inaccessibile di cui vediamo appena un'ombra là dove i suoi tiranti d'acciaio si uniscono. Se potessimo sapere com'è, cos'è, quel luogo, se la ragione avesse la capacità di penetrare oltre quel velo, non avremmo bisogno di questo ponte, potremmo abbandonare la fede, fidarci soltanto del nostro raziocinio, e i nostri piedi, adesso vacillanti e lontani dalla mente che dovrebbe comandarli, saprebbero farsi strada da soli.
Qui la fede è vista come una necessità, anzi, come ED scrive nell'ultimo verso, una necessità primaria, di cui non possiamo fare a meno ma che, in definitiva, non ci dà nessuna risposta, perché poggia su un ponte senza pilastri, ovvero sul nulla.
Nel terzo verso il "We do not" è da intendere come ripetizione del "vedere" al verso precedente. Per evitare la ripetizione, che nell'originale è implicita ma foneticamente assente, ho tradotto con "invisibile".
L'ultima strofa ha una costruzione che è difficile rendere in italiano. Mi sono perciò preso qualche libertà nel primo verso per consentire una traduzione letterale degli altri.


F979 (1865) / J916 (1864)

His Feet are shod with Gauze -
His Helmet, is of Gold,
His Breast, a Single Onyx
With Chrysophras, inlaid -

His Labor is a Chant -
His Idleness - a Tune -
Oh, for a Bee's experience
Of Clovers, and of Noon!

    I Suoi Piedi sono calzati di Velo -
Il Suo Elmetto, è d'Oro,
Il Suo Petto, un Unico Onice
Di Crisopazio, intarsiato -

Il Suo Lavoro è un Canto -
Il Suo Ozio - una Melodia -
Oh, per un'esperienza d'Ape
Di Trifogli, e di Mezzogiorno!

La descrizione di un'ape, che diventa un gioiello della natura incastonato di pietre preziose. Nel quinto verso il termine "chant", oltre al significato generico di "canto" ha anche quello di "salmodia, canto liturgico", ovvero un suono lungo e iterato che fa pensare al ronzio dell'ape. Nel penultimo verso quel "Oh, for..." va letto come "Oh, cosa darei per...", un desiderio di provare dal di dentro la serena armonia della natura.


F980 (1865) / J917 (1864)

Love - is anterior to Life -
Posterior - to Death -
Initial of Creation, and
The Exponent of Earth -
    L'Amore - è anteriore alla Vita -
Posteriore - alla Morte -
Radice della Creazione, ed
Esponente della Terra -

L'amore come totalità che supera il tempo e lo spazio, che è motore primo della creazione e linfa vitale del perpetuarsi della vita.
"Exponent" all'ultimo verso è definito nei dizionari moderni con gli stessi significati che ha in italiano il termine "esponente", ovvero come "la persona che presenta le proprie o le altrui ragioni in un dibattito; rappresentante autorevole" oppure, in matematica, "il numero che compare in alto a destra di una grandezza e che rappresenta la potenza alla quale è elevata.". Nel Webster l'unico significato è quello matematico e questo dovrebbe essere perciò il senso della parola nella poesia. Ho tradotto perciò con "esponente" ma, per suggerire il significato "matematico", ho tradotto "initial" al verso precedente con "radice".
Vedi anche la J924-F840.


F981 (1865) / J918 (1864)

Only a Shrine, but Mine -
I made the Taper shine -
Madonna dim, to whom all Feet may come,
Regard a Nun -

Thou knowest every Wo -
Needless to tell thee - so -
But can'st thou do
The Grace next to it - heal?
That looks a harder skill to us -
Still - just as easy, if it be thy Will
To thee - Grant Me -
Thou knowest, though, so Why tell thee?

    Solo a un Altare, ma Mio -
Io feci il Cero brillare -
Madonna indistinta, a cui tutti i Passi vanno,
Guarda ad una Suora -

Tu conosci ogni Pena -
Inutile parlartene - perciò -
Ma non potresti fare
La Grazia che viene dopo - guarire?
Quella sembra l'arte più difficile a noi -
Eppure - com'è facile, se è la tua Volontà
A te - Concedimi -
Tu lo sai, tuttavia, quindi Perché dirtelo?

Una cosa salta subito agli occhi in questa poesia: contrariamente a quello che ci si aspetterebbe, le maiuscole sono riservate all'individuo singolo, al soggetto umano della poesia, e le minuscole alla divinità. Una divinità onnisciente ("Tu conosci ogni Pena") e onnipotente ("com'è facile, se è la tua Volontà") eppure "indistinta", al di là della nostra facoltà di vedere e lontana dalle cose che nella vita sentiamo nella nostra carne. Il contrasto appare subito: nel primo verso "shrine", che significa propriamente "scrigno riservato alle cose sacre" (mi è sembrato appropriato tradurre con "altare", seguendo la lezione sia di Bacigalupo che di Errante) è seguito da quel "but Mine", due labiali forti, decise, quasi due colpi di timpano che sovrastano con la loro forza fonetica un altare che diventa sacro perché consacrato alla grandezza dell'individuo. Sembra quasi di sentire un pugno battuto con decisione sul proprio petto. Poi c'è il "dim" riservato alla Madonna, un aggettivo che significa "non visibile chiaramente, oscuro, incomprensibile", quasi a volgere in oscurità la lontana altezza della divinità, che viene chiamata a guardare (ma "regard" ha un significato un po' più accentuato: "osservare, notare, prendere in considerazione") a quella "suora" suo malgrado. E poi quei due punti interrogativi che concludono le invocazioni al divino: "perché non mi guarisci?" e "perché pregare se tu sai già tutto?", due domande senza risposta che diventano un ulteriore segno di lontananza.
Naturalmente questa interpretazione non è l'unica possibile. Se diamo un significato meno netto a quel "dim" (Errante traduce con "pallida") e alla contrapposizione maiuscole/minuscole, se i punti interrogativi li interpretiamo come la normale conclusione di una preghiera, se riduciamo la forza di quel "but Mine", la poesia può diventare un accorato appello alla Vergine, affinché guarisca le pene di una donna che si autodefinisce "suora" per accentuare la sua (volontaria?) castità.
Ma a me piace di più la prima.


F982 (1865) / J919 (1864)

If I can stop one Heart from breaking
I shall not live in vain
If I can ease one Life the Aching
Or cool one Pain

Or help one fainting Robin
Unto his Nest again
I shall not live in vain.

    Se potrò bloccare un Cuore dallo spezzarsi
Non sarò vissuta invano
Se potrò alleviare di una Vita il Soffrire
O smorzare una Pena

O aiutare un languente Pettirosso
Di nuovo verso il suo Nido
Non sarò vissuta invano.

La vita acquista significato nel rapporto con gli altri e con la natura. Anche un solo gesto d'aiuto o di compassione basta a renderla degna di essere vissuta.


F983 (1865) / J1035 (1865)

Bee! I'm expecting you!
Was saying Yesterday
To Somebody you know
That you were due -

The Frogs got Home last Week -
Are settled, and at work -
Birds mostly back -
The Clover warm and thick -

You'll get my Letter by
The Seventeenth; Reply
Or better, be with me -
Your's, Fly.

    Ape! Ti sto aspettando!
Stavo dicendo Ieri
A Qualcuno che conosci
Che eri in arrivo -

Le Rane sono a Casa da una Settimana -
Sistemate, e al lavoro -
Gli Uccelli in gran parte tornati -
Il Trifoglio caldo e folto -

Riceverai questa mia entro
Il Diciassette; Rispondi
O meglio, sii da me -
Tua, Mosca.

La lettera della mosca all'ape diventa la descrizione del risveglio della natura e dell'impazienza di chi vuole goderla senza indugio.


F984 (1865) / J1036 (1865)

Satisfaction - is the Agent
Of Satiety -
Want - a quiet Comissary
For Infinity -

To possess, is past the instant
We achieve the Joy -
Immortality contented
Were Anomaly -

    La Soddisfazione - è l'Agente
Della Sazietà -
Il Bisogno - un tranquillo Commissario
Per l'Infinito -

Possedere, precede l'istante
In cui otteniamo la Gioia -
L'Immortalità appagata
Sarebbe Anomalia -

Soddisfare i propri bisogni è attività umana, l'anelito all'infinito è un bisogno che non consente un appagamento materiale. Per questo il possedere è verbo tutto mortale, che termina quando si conclude la nostra vita; l'immortalità, nella sua infinitezza che trascende la nostra visione delle cose, non conosce possesso e, perciò, non conosce nemmeno appagamento o, forse meglio, non conosce l'unico modo in cui noi intendiamo l'appagamento: possedere.


F985 (1865) / J1037 (1865)

Here, where the Daisies fit my Head
'Tis easiest to lie
And every Grass that plays outside
Is sorry, some, for Me -
    Qui, dove le Margherite mi cingono la Testa
È proprio comodo giacere
E ogni Erba che gioca là fuori
Si duole, un po', per Me -

Vedi la F986.


F986 (1865) / J1037 (1865)

Where I am not afraid to go
I may confide my Flower -
Who was not Enemy of Me
Will gentle be, to Her -

Nor separate, Herself and Me
By Distances become -
A single Bloom we constitute
Departed, or at Home -

    Dove non ho paura di andare
Posso affidare la mia Rosa -
Chi non Mi fu Nemico
Sarà gentile, con Lei -

Né separate, Lei ed Io
Dalla Distanza saremo -
Un singolo Fiore costituiamo
Partite, o a Casa -

Secondo Johnson questa e la precedente sono da considerare una poesia unica. Nei fascicoli ED ha scritto la prima strofa in una pagina e le altre nella seguente, senza nessun segno di divisione. Franklin le considera distinte perché, nella lista dei versi iniziali di poesie ricevute da ED, Frances Norcross riporta, da un manoscritto perduto, i primi due versi della seconda strofa (con, al secondo verso, "can" al posto di "may"). Si possono dunque fare due ipotesi: ED intendeva trascriverle come due poesie distinte, ma ha dimenticato di tracciare dopo la prima la solita linea di chiusura, oppure ha trascritto le due strofe inviate alle cugine (Louise e Frances Norcross) anteponendone un'altra.

La tomba non è soltanto un luogo oscuro e gelido, è anche un posto dove sbocciano le margherite e dove l'erba che la circonda partecipa, con misurato dispiacere, alla sorte di chi vi è dentro. Per questo è un posto dove non ho paura di andare e al quale posso affidare anche chi mi è caro, tanto so che la distanza che ci separa non ci impedirà di essere uniti.
Difficile, e forse anche poco significativo, dire se si tratti di una o due poesie, visto che le ultime due strofe possono essere senza forzature lette di seguito alla prima. Se le leggiamo separate la "distanza" del verso 3 della seconda può essere interpretata anche come una separazione meno definitiva da una persona cara.
Al verso 6 ho tradotto "flower" con "rosa" perché ho scelto di rispettare il pronome femminile ai versi 8 e 9.


F987 (1865) / J1038 (1865)

Her little Parasol to lift
And once to let it down
Her whole Responsibility -
To imitate, be Mine -

A Summer further I must wear,
Content if Nature's Drawer
Present Me from sepulchral Crease
As blemishless, as Her -

    Il Suo piccolo Parasole sollevare
E subito farlo ridiscendere
L'intera Sua Responsabilità -
Imitare, sia la Mia -

Un'altra Estate debbo indossare,
Contenta se il Cassetto della Natura
Presenti Me dalla Piega del sepolcro
Senza macchia, come Lei -

Nel fascicolo manoscritto si legge, subito dopo la poesia, un'annotazione: - mamma says "Morning Glory" - (mamma dice "Campanula") evidentemente scritta da Millicent Todd Bingham, figlia di Mabel Loomis Todd (curatrice delle prime edizioni del 1890-96), mentre preparava l'edizione di poesie di ED da da lei curata (Bolts of Melody, 1945); in questa edizione (pag. 328) la poesia è seguita da una nota: "With a morning-glory".

L'annotazione della Bingham fa pensare che la poesia possa essere stata scritta come un biglietto che accompagnava un fiore. Nella prima strofa viene descritta la campanula (o viticchio, o convolvolo - vedi la J192-F214 e la J470-F605), che ha un unico, semplice compito: nascere e poi morire, come tutto ciò che è al mondo. Nella seconda ED si specchia nella campanula, vive un'altra estate del ciclo perenne delle stagioni, si sente come una delle tante cose che la natura estrae dal proprio cassetto, un cassetto che comprende il creato, e si augura che la natura, ancora una volta e non si sa per quanto tempo, possa tenerla fuori dalla piega del sepolcro ("crease" significa "piega" ma anche un avvallamento, un canale scavato) e le consenta di presentarsi al mondo rinnovato con la stessa semplice e immacolata purezza di un fiore inconsapevole.
Qui la natura diventa un abito da indossare, un ciclo che si ripete, i cui attori, siano essi l'inconsapevole campanula o l'uomo, interpretano un ruolo più o meno lungo, più o meno marginale in quell'istante che passa tra la nascita e la morte. Per l'uomo c'è la consapevolezza del sepolcro, che può essere esorcizzata soltanto se si accetta il proprio ruolo di semplice comparsa nel mondo.
Probabile che il "blemishless" dell'ultimo verso simboleggi l'inconsapevolezza, che impedisce il peccato del dubbio.


F988 (1865) / J1033 (1865)

Said Death to Passion
"Give of thine an Acre unto me."
Said Passion, through contracting Breaths
"A Thousand Times Thee Nay."

Bore Death from Passion
All His East
He - sovreign as the Sun
Resituated in the West
And the Debate was done

    Disse la Morte alla Passione
"Dona dei tuoi un Acro a me."
Rispose la Passione, con palpitanti Ansiti
"A Te Mille Volte No."

Spinse via la Morte dalla Passione
Tutto il Suo Est
Lei - sovrana come il Sole
Si risistemò ad Ovest
E la Disputa si concluse

La morte cerca di sottrarre alla passione almeno uno dei suoi possedimenti, ma lei non cede e quando, infine e inevitabilmente, la morte riesce nel suo intento, la passione non demorde e, spostandosi verso il tramonto come a seguirne la scia, la sconfigge con il ricordo e con l'amore che va oltre i confini della vita.


F989 (1865) / J1060 (1865)

Air has no Residence, no Neighbor,
No Ear, no Door,
No Apprehension of Another
Oh, Happy Air!

Etherial Guest at e'en an Outcast's Pillow -
Essential Host, in Life's faint, wailing Inn,
Later than Light thy Consciousness accost Me
Till it depart, persuading Mine -

    L'Aria non ha Residenza, né Vicini,
Né Orecchie, né Porta,
Né Apprensione per l'Altro
Oh, Aria Felice!

Eterea Ospite anche d'un Cuscino d'Esule -
Essenziale Padrona, nella gemente, vaga Locanda della Vita,
Dopo la Luce la tua Consapevolezza Mi si accosta
Finché parte, persuadendo la Mia -

L'aria come simbolo del vago mistero che ci circonda e permea invisibilmente, e allo stesso tempo concretamente, la nostra vita. Nella prima strofa l'accento è sull'invisibile evanescenza (non risiede in nessun posto, non ha vicini né organi di senso, né prova sentimenti verso gli altri) che diventa inconsapevole felicità. Nella seconda l'aria, pur rimanendo eterea, diventa concreta: s'insinua nel sonno di chiunque, anche dell'esule reietto e abbandonato, diventa albergatrice nella locanda dolorosa e priva di senso della vita, finché sembra, nel sonno notturno, acquistare una sua consapevolezza, sembra accostarsi a noi come per unirla alla nostra, finché, con luce del giorno, se ne va, vinta dalla luce che ne scompone la concretezza notturna; ed è come se persuadesse anche la nostra, di consapevolezza, a seguirla nella luce che illumina ma rende vani i sogni che sembrano farci comprendere tutto.
Come spesso accade, comunque, non c'è un'interpretazione univoca di questa poesia. L'aria può essere il simbolo del mistero, ma anche l'elemento vitale che ci permette di vivere e veglia instancabilmente sul nostro sonno, o il soffio divino di cui riusciamo forse ad avere una vaga consapevolezza solo durante i liberi sogni notturni, consapevolezza che svanisce con il risveglio, come sembra suggerire l'ultima strofa e in particolare gli ultimi due versi.
Al verso 5 ho tradotto "e'en" ("even") con "anche", ma il termine vale anche per "sera", un significato che può essere confermato dal "pillow" che segue e che potrebbe farci leggere il verso come "Eterea Ospite a sera d'un Cuscino d'Esule -" o anche, sciogliendo la duplicità dell'originale "Eterea Ospite serale anche d'un Cuscino d'Esule -".


F990 (1865) / J1034 (1865)

His Bill an Augur is
His Head, a Cap and Frill
He laboreth at every Tree
A Worm, His utmost Goal -
    Il Suo Becco un Succhiello è
La Sua Testa, Berretto e Collare
Sgobba ad ogni Albero
Un Verme, il Suo massimo Scopo -

Pubblicata nei Poems del 1896 con il titolo "The Woodpecker" ("Il picchio").
Nel primo verso ED ha scritto chiaramente "Augur" (e così la parola è trascritta nelle due edizioni critiche); la traduzione è "Augure" ma il becco del picchio come "augure" lascia perplessi e fa pensare a un refuso per "Auger" (succhiello, trivello); nelle tre versioni italiane la traduzione è infatti "succhiello" (Raffo nel Meridiano, dove l'originale rimane "Augur" e Errante, ediz. 1959, con "Auger" nell'originale) e "trivello" (Errante, ediz. 1956; anche qui nell'originale c'è "auger").

Il titolo con il quale è stata pubblicata la prima volta fa pensare alla descrizione di un picchio. Errante (1956) aggiunge: "Qui Emily descrive il picchio, ma ha in mente un qualche pedante professore di Amherst, tutto tronfio nel suo costume accademico.". Probabile che abbia ragione, visto che al secondo verso ED sembra descrivere proprio un costume accademico in cui, fra berretto e collare, non vi sia nulla che assomigli ad una testa pensante.


F991 (1865) / J1070 (1865)

To undertake is to achieve
Be Undertaking blent
With fortitude of obstacle
And toward Encouragement

That fine Suspicion Natures must
Permitted to revere
Departed Standards and the few
Criterion Natures - here

    Intraprendere è ottenere
Sia l'Impresa unita
Alla fermezza davanti all'ostacolo
E verso l'Incitamento

Quel sottile Sospetto alle Nature deve
Permettere di riverire
I Modelli passati e i pochi
Elementi del Criterio - qui

Tre copie: una nei fascicoli (il testo riportato sopra), una rimasta tra le carte di ED e una acclusa a una lettera a Higginson del 9 giugno 1866 (L319). In queste ultime due "Criterion Natures" nell'ultimo verso è sostituito da "Criterion sources" ("Fonti del Criterio") e in quella a Higginson c'è una virgola dopo "Suspicion" al quarto verso.

L'inizio è ovvio, sembra una parafrasi di "volere è potere"; l'impresa dev'essere compiuta con fermo coraggio di fronte agli ostacoli e, soprattutto, ci deve suggerire che il dubbio connaturato alla nostra natura non deve impedirci di riverire e onorare i modelli passati (qui presumo che ED si riferisca alla religione, intesa come eredità che ci viene dai nostri padri) e, nello stesso tempo, quei pochi, più concreti modelli che sperimentiamo qui, ovvero nella nostra vita mortale.
Si può dire che in questa poesia ED cerchi di trovare un punto unificante, che permetta di far convivere il dubbio connaturato in noi, la fede in un aldilà così insistentemente cercato nella storia dell'uomo e, infine, il rispetto per quello che ci è concesso dalla nostra vita mortale. Nello stesso tempo, l'utilizzo di due termini come "standard" e "criterion" associati al Cielo (se accettiamo i "modelli passati" come immagine della religione) e alla Terra ("here") e di "fine" riferito a "suspicion" fa pensare a una non equivoca scala di valori, che mette comunque al primo posto il dubbio.
All'ultimo verso ho tradotto "Natures" con "Elementi" pensando anche alla variante "sources" delle altre due versioni.


F992 (1865) / J1061 (1865)

Three Weeks passed since I had seen Her -
Some Disease had vext
'Twas with Text and Antique Singing
I beheld Her next

And a Company - Our pleasure
To discourse alone -
Gracious now to me as any -
Gracious unto none -

Borne without dissent of any
To the Parish night -
Of the Separated Parties
Which be out of sight?

    Tre Settimane erano passate senza vederla -
Qualche Male aveva colpito
Fu con Versetti e Antichi Inni
Che la vidi poi

E in Compagnia - Ci piaceva
Discorrere da sole -
Cortese ora con me come con chiunque -
Cortese con nessuno -

Condotta senza che alcuno dissentisse
Alla notte della Comunità -
Delle Parti Separate
Qual è fuori di vista?

Un'amica che muore. Tre settimane senza vederla, la malattia che vince e poi il funerale, un'occasione pubblica che va vissuta in compagnia: sono ormai finiti i tempi dei piacevoli discorsi in due; ormai lei non ha più preferenze, è cortese con me allo stesso in cui lo è con gli altri, o meglio, ormai non ha più bisogno di essere cortese con nessuno. Il corteo funebre, la tomba, in sintesi: la morte, è inevitabile, sarebbe inutile dissentire. E mi chiedo: siamo ormai due parti separate, lei e noi rimasti qui, ma chi è che è veramente al di là di ciò che è reale: lei o noi?
Al verso 3 ho scelto la variante "Antique" al posto di "Village"; al verso 9 "any" al posto di "Either".


F993 (1865) / J1044 (1865)

A Sickness of this World it most occasions
When Best Men die.
A Wishfulness their far Condition
To occupy.

A Chief indifference, as Foreign
A World must be
Themselves forsake - contented -
For Deity

    Un Disgusto di questo Mondo emerge soprattutto
Quando i Migliori muoiono.
Un Desiderio di ricoprire la loro distante
Condizione.

Una Suprema indifferenza, come se Estraneo
Un Mondo debba essere
Che Essi abbandonano - appagati -
Dalla Divinità

Il mondo, e la vita con esso, diventa una cosa estranea quando se ne vanno coloro che amiamo o ammiriamo. In noi resta come un desiderio di raggiungerli e, insieme, una totale indifferenza per quello che ci rimane.


F994 (1865) / J1062 (1865)

He Scanned it - Staggered -
Dropped the Loop
To Past or Period -
Caught helpless at a Sense as if
His Mind were going blind -

Groped up, to see if God were there -
Groped backward at Himself
Caressed a Trigger absently
And wandered out of Life -

    Lo Scrutò - Esitante -
Lasciò cadere il Nodo
Verso il Passato o il Ciclo -
Si aggrappò disperato a un Senso come se
La sua Mente stesse diventando cieca -

Brancolò in alto, per vedere se Dio fosse là -
Brancolò a ritroso verso di Sé
Carezzò distrattamente un Grilletto
E s'incamminò al di là della Vita -

Anche questa poesia può essere interpretate come una delle tante descrizioni di ED del momento della morte. Stavolta è descritta l'ultima lotta interiore per riuscire a trovare un senso a quell'atto definitivo e misterioso (il venir meno del nodo che ci lega al passato e al ciclo della vita), l'impotenza di fronte ad una consapevolezza che si oscura e diventa cieca, la disperazione per la domanda d'immortalità che ormai non ha più tempo per essere sciolta, la sconfitta di fronte a questa domanda e il tornare al proprio mondo interiore come unica certezza, e infine quel lasciarsi distrattamente morire, come se l'ultimo atto della vita non potesse essere vissuto se non inconsapevolmente: una sorta di resa di fronte all'inconoscibile.
Il "Trigger" del penultimo verso può significare "grilletto" (con un velato accenno ad una sorta di "suicidio", o meglio ad un rassegnato lasciarsi morire) ma anche "A catch to hold the wheel of a carriage on a declivity", ovvero "Un cuneo per tenere bloccata la ruota di un carro in un pendio"; in questo caso la nostalgica carezza è per l'ultimo momento che ci è concesso prima di scivolare lungo il pendio della morte.


F995 (1865) / J985 (1865)

The Missing All, prevented Me
From missing minor Things.
If nothing larger than a World's
Departure from a Hinge
Or Sun's Extinction, be observed
'Twas not so large that I
Could lift my Forehead from my work
For Curiosity.
    La Mancanza di Tutto, Mi immunizzava
Dalla mancanza di Cose minori.
Se nulla di più vasto del Distacco
Di un Mondo dai suoi Cardini
O dell'Estinzione del Sole, si notava
Non c'era niente di così vasto che mi
Facesse alzare la Fronte dal mio lavoro
Per Curiosità.

Quando ci facciamo domande che riguardano il tutto, l'essenza stessa della nostra vita e del nostro esistere (oppure, quando non abbiamo niente perché ci manca la cosa più importante: l'amore) il resto ci appare ben poca cosa. Solo l'improvvisa risposta a queste domande (o l'improvviso arrivo dell'amore), una risposta che è così difficile possa esistere (o che è così difficile possa arrivare) tanto da poter essere paragonata soltanto allo scardinarsi del mondo intero o all'estinguersi del sole, potrebbe farci alzare la fronte dalla nostra quotidianità per guardare, con quella curiosità che è il cardine della ragione, a un fatto così inusuale e straordinario.


F996 (1865) / J1039 (1865)

I heard, as if I had no Ear
Until a Vital Word
Came all the way from Life to me
And then I knew I heard -

I saw, as if my Eye were on
Another, till a Thing
And now I know 'twas Light, because
It fitted them, came in.

I dwelt, as if Myself were out,
My Body but within
Until a Might detected me
And set my kernel in -

And Spirit turned unto the Dust
"Old Friend, thou knowest me",
And Time went out to tell the News
And met Eternity

    Udivo, come se non avessi Orecchi
Finché una Parola Vitale
Percorse tutta la strada dalla Vita a me
E allora seppi che avevo udito -

Vedevo, come se i miei Occhi fossero
Di un altro, finché una Cosa
E ora so che era Luce, perché
Era adatta a loro, giunse.

Abitavo, come se Io stessa fossi fuori,
Solo il mio Corpo dentro
Finché una Forza mi scoprì
E inserì in me il nocciolo -

E lo Spirito si volse alla Polvere
"Vecchia Amica, tu mi conosci",
E il Tempo uscì ad annunciare la Notizia
E incontrò l'Eternità

La copia riportata sopra è nei fascicoli; l'ultima strofa, con alcune varianti, è anche in una bozza di lettera a Higginson dell'ottobre 1870 (L353) presumibilmente mai spedita:

The Spirit said unto the Dust
Old Friend, thou knewest me
And Time went out to tell the news
Unto Eternity -
    Lo Spirito disse alla Polvere
Vecchia Amica, tu mi conoscevi
E il Tempo uscì ad annunciare la notizia
All'Eternità -

Il soffio vitale che rende consapevole un corpo, descritto con tre verbi che danno avvio alle prime tre strofe: udire, vedere, abitare; in ciascuna l'azione rimane estranea al corpo inconsapevole, finché non arriva la parola, la luce e, finalmente, quella forza misteriosa che inserisce in noi il "nocciolo" della mente. Nell'ultima il corpo e lo spirito si uniscono come vecchi amici e il tempo può annunciare al mondo la lieta novella, per poi avviarsi verso l'eternità.


F997 (1865) / J1040 (1865)

Not so the infinite Relations - Below
Division is Adhesion's forfeit - On High
Affliction but a Speculation - And Wo
A Fallacy, a Figment, We knew -
    Non come le infinite Relazioni - Quaggiù
La Divisione è il prezzo della Fusione - In Alto
L'Afflizione solo una Speculazione - E il Dolore
Che conoscevamo, Falsità, Finzione -

I rapporti che instauriamo quaggiù sono altra cosa da ciò che avviene lassù. La divisione (che può intendersi sia come la separazione fra chi muore e chi resta in vita, sia come la separazione del corpo dall'anima) è il prezzo da pagare per un'unione più vera e reale di quella che sperimentiamo durante la vita (anche qui l'unione può essere la riunificazione con le persone care ma anche l'unione con il divino) e le pene, le afflizioni, i dolori di questa terra spariranno, diventando lassù niente di più di un'ingannevole invenzione della vita mortale.


F998 (1865) / J1041 (1865)

Somewhat, to hope for,
Be it ne'er so far
Is Capital against Despair -

Somewhat, to suffer,
Be it ne'er so keen -
If terminable, may be borne -

    Qualcosa, in cui sperare,
Sia pure così lontana
È Capitale contro la Disperazione -

Qualcosa, da soffrire,
Sia pure così acuta -
Se a termine, può essere sopportata -

L'unico modo per non cedere alla disperazione è guardare lontano, sperare in qualcosa che magari sarà anche irraggiungibile ma nutre la nostra mente e fa da antidoto al nulla che sentiamo intorno a noi. Allo stesso modo, il pensare alla sofferenza come qualcosa che prima o poi si concluderà, ci aiuta a sopportarla.
Al secondo e quarto verso ho tradotto "ne'er" con "pure" utilizzando una definizione del Webster ("Un uso particolare è nelle seguenti frasi") esemplificata da due citazioni bibliche: Genesi 34,12 "Ask me never so much dower and gift, and I will give according as ye shall say unto me; but give me the damsel to wife" ("Alzate pure molto a mio carico il prezzo nuziale e il valore del dono; vi darò quanto mi chiederete, ma datemi la giovane in moglie"); Salmi 58,6 (58,5 nella King James) "Which will not hearken to the voice of charmers, charming never so wisely." ("Che non vogliono ascoltare la voce degli incantatori, che pure incantano così abilmente.").


F999 (1865) / J1042 (1865)

Spring comes on the World -
I sight the Aprils -
Hueless to me, until thou come
As, till the Bee
Blossoms stand negative,
Touched to Conditions
By a Hum -
    La Primavera arriva nel Mondo -
Avvisto gli Aprili -
Incolori per me, finché non arrivi tu
Come, fino all'Ape
I Fiori restano negativi,
Mossi a Qualità
Da un Ronzio -

La primavera, l'aprile, non bastano per colorare la mia esistenza; per me resteranno grigi e incolori finché non sarai tu a portare la luce della primavera nei miei occhi, allo stesso modo dei fiori, che restano immoti, pur nei loro colori, e si rianimano soltanto quando sentono arrivare il ronzio dell'ape.


F1000 (1865) / J1043 (1865)

Lest this be Heaven indeed
An Obstacle is given
That always gauges a Degree
Between Ourself and Heaven.
    Affinché non sia questo il Cielo vero
Un Ostacolo è dato
Che sempre misura un Grado
Fra Noi e il Cielo.

È vana la nostra speranza di giungere alla comprensione del divino. Guardiamo in alto e ci illudiamo di vedere un cielo che contiene l'immortalità, ma è, appunto, soltanto un'illusione; quello che vediamo non è il cielo vero, dal quale saremo sempre divisi dallo spazio della ragione e del dubbio, due ostacoli che non possono abdicare al loro ruolo di razionali misuratori di tale distanza, magari un misero grado, ma per noi invalicabile.