Emily Dickinson

The Complete Poems
Tutte le poesie

F1001 - 1050

Traduzione e note di Giuseppe Ierolli


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Appendice

Indice Franklin
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F1001 (1865) / J1001 (1865)

The Stimulus, beyond the Grave
His Countenance to see
Supports me like imperial Drams
Afforded Day by Day.
    Lo Stimolo, di vedere al di là
Della Tomba il Suo Volto
Mi sostiene come Gocce imperiali
Offerte Giorno per Giorno.

Può essere una definizione della necessità della fede, in questo caso applicata al desiderio di ricongiungersi all'amato, che ci stimola ad andare avanti, giorno per giorno, nell'attesa di un aldilà che va oltre la buia e fredda concretezza della tomba.


F1002 (1865) / J1002 (1865)

Aurora is the effort
Of the Celestial Face
Unconsciousness of Perfectness
To simulate, to Us.
    L'Aurora è il tentativo
Del Volto Celeste
Di simulare, per Noi
L'Inconsapevolezza della Perfezione.

La perfezione è uno di quei concetti che non appartengono all'ambito umano, perché la ragione tende sempre a dubitare di apparenti perfezioni. L'unico modo per immaginarla è quello di associarla all'inconsapevolezza, di credere che vi sia qualcuno che ci offre spettacoli naturali, come l'aurora, proprio per metterci di fronte a una perfezione che non potremo mai capire razionalmente, ma la cui pallida eco può colpirci con la bellezza di un fenomeno estraneo all'intervento umano.


F1003 (1865) / J1003 (1865)

Dying at my music!
Bubble! Bubble!
Hold me till the Octave's run!
Quick! Burst the Windows!
Ritardando!
Phials left, and the Sun!
    Morire alla mia musica!
Ribolli! Ribolli!
Tienimi finché l'Ottava corre!
Presto! Irrompi dalle Finestre!
Ritardando!
La Fiala è rimasta, e il Sole!

Il modo migliore di morire è farlo suonando la propria musica (il primo verso andrebbe letto come "morire al suono della mia musica"), una musica che per ED è la poesia. Perciò lasciate che la poesia ribolla in me, sempre, senza interruzione. Fate che io viva fino a quando le ottave della mia ispirazione continuano a correre veloci nella mia mente e irrompono fuori da quelle finestre che mi tengono avvinta. Finché arriverà il momento del "ritardando", quando risuoneranno lente le ultime note e resterà soltanto, insieme alla natura che continua imperturbabile il suo corso, la fiala, il fragile contenitore che le teneva dentro di sé e che le ha sparse per il mondo.
In questa poesia i versi non "raccontano", ma cercano di descrivere con fulminei sprazzi, troncati dal punto esclamativo, l'urgenza di far irrompere da quella fragile fiala che è la nostra mente, e fuori dal mondo chiuso in cui siamo costretti, la ricchezza della nostra fantasia e della nostra immaginazione, perché solo così il mondo potrà ascoltare, anche dopo la nostra morte, la musica che avevamo dentro.
La "fiala" dell'ultimo verso richiama alla mente l'essenza che rimane nel "cassetto della Dama" nella J675-F772.


F1004 (1865) / J1004 (1865)

There is no Silence in the Earth - so silent
As that endured
Which uttered, would discourage Nature
And haunt the World -
    Non c'è Silenzio sulla Terra - così silente
Come quello che sopporta
Se fosse espresso, scoraggerebbe la Natura
E tormenterebbe il Mondo -

La sofferenza non è quasi mai esprimibile, e la silenziosa discrezione con cui viene sopportata dai più chiede il rispetto di tutti gli altri, perché se dovessimo esprimerla, tutti insieme, il frastuono non permetterebbe più al mondo e alla natura di continuare ad esistere.


F1005 (1865) / J1005 (1865)

Bind me - I still can sing -
Banish - my mandolin
Strikes true, within -

Slay - and my Soul shall rise
Chanting to Paradise -
Still thine -

    Legami - potrò ancora cantare -
Scacciami - il mio mandolino
Risuonerà sincero, dentro -

Uccidimi - e la mia Anima salirà
Inneggiando in Paradiso -
Ancora tua -

L'amore non indietreggia nemmeno davanti al rifiuto di colui al quale è diretto. Qualsiasi cosa tu possa fare, legarmi, scacciarmi, uccidermi, io sarò "still thine".


F1006 (1865) / J1006 (1865)

The first We knew of Him was Death -
The second, was Renown -
Except the first had justified
The second had not been -
    Prima sapemmo della Sua Morte -
Poi, della Sua Fama -
Se la prima non l'avesse giustificata
La seconda non ci sarebbe stata -

ED ribadisce la sua convinzione che la fama non può che essere postuma e il soggetto dei versi non può che essere lei stessa, con il suo rifiuto, più volte ripetuto, di pubblicare il suo lavoro e, insieme, la certezza, più volte espressa e rivelatasi assolutamente fondata, che i suoi versi le sarebbero sopravvissuti.


F1007 (1865) / J1007 (1865)

Falsehood of Thee, could I suppose
'Twould undermine the Sill
To which my Faith pinned Block by Block
Her Cedar Citadel -
    La Tua Falsità, dovessi supporre
Vorrebbe dire minare le Fondamenta
Su cui la mia Fede fissò Blocco su Blocco
La Sua Cittadella di Cedro -

L'amore, costruito blocco su blocco su solide fondamenta fino a formare una cittadella inespugnabile e insieme dolce e odorosa come il cedro, si nutre di sincerità. La costruzione crollerebbe se solo si dovesse aver sentore dell'insincerità dell'amato.


F1008 (1865) / J1008 (1865)

How still the Bells in Steeples stand
Till swollen with the Sky
They leap upon their silver Feet
In frantic Melody!
    Come sono immote le Campane nelle Torri
Finché gonfiatesi di Cielo
Si slanciano sui loro argentei Piedi
In frenetica Melodia!

Una campana, come ciascuno di noi, ha dentro di sé la capacità di suonare; sta lì, ferma e silenziosa finché la sua natura prorompe e si slancia in quella frenetica melodia che nascondeva dentro.


F1009 (1865) / J1009 (1865)

I was a Phebe - nothing more -
A Phebe - nothing less -
The little note that others dropt
I fitted into place -

I dwelt too low that any seek -
Too shy, that any blame -
A Phebe makes a little print
Upon the Floors of Fame -

    Io fui una Febe - nulla di più -
Una Febe - nulla di meno -
La piccola nota che altri trascuravano
Sistemai al suo posto -

Dimoravo troppo in basso per essere cercata -
Troppo ritrosa, per essere biasimata -
Una Febe lascia una piccola impronta
Sulle Superfici della Fama -

La poesia ricorda la J486-F473, dove ED si dipinge con parole molto simili ("I was the slightest in the House", "I never spoke - unless addressed") e ha lo stesso ruolo di colei che riceve qualcosa e lo dà agli altri: là "il tesoro / che non cessava mai di cadere", qui "La piccola nota che altri trascuravano / Sistemai al suo posto -".
Nella nota dell'edizione Meridiani la Bulgheroni scrive: "Il termine Phebe - corruzione dell'onomatopeico peewe - designa un uccellino, diffuso nell'Est degli Stati Uniti, appartenente alla famiglia Muscicapidi o pigliamosche." Un altro possibile riferimento potrebbe però essere la Febe diaconessa di Cencre, latrice della lettera di San Paolo ai romani (16,1: "Vi raccomando Febe, nostra sorella, diaconessa della Chiesa di Cencre"), citata come personaggio in ombra, latrice di qualcosa che non è suo.
Se vediamo in "Phebe" l'uccellino pigliamosche (il termine è in altre due poesie, la J403-F532 e la J1690-F1697, dove si parla chiaramente di uccelli) il paragone è con un piccolo e quasi insignificante abitatore della natura, le cui note sono ascoltate dai pochi che le sanno capire; se accettiamo la suggestione biblica l'immagine è quella del poeta che riceve le parole da qualcuno più in alto e le fa conoscere al mondo.


F1010 (1865)J997 (1865)

Crumbling is not an instant's Act
A fundamental pause
Dilapidation's processes
Are organized Decays -

'Tis first a Cobweb on the Soul
A Cuticle of Dust
A Borer in the Axis
An Elemental Rust -

Ruin is formal - Devils work
Consecutive and slow -
Fail in an instant, no man did
Slipping - is Crashe's law -

    Sgretolarsi non è Atto di un istante
Una pausa fondamentale
I processi di Disgregazione
Sono Decadimenti organizzati -

È prima una Ragnatela nell'Anima
Una Cuticola di Polvere
Un Tarlo nell'Asse
Una Ruggine Primordiale -

La Rovina è metodica - i Diavoli lavorano
Costanti e lenti -
Nessuno, si perde in un istante
Scivolare - è la legge del Crollo -

Nella prima strofa può sembrare che ED parli della vita come progressivo disfacimento verso la morte, ma poi il senso si chiarisce con la seconda strofa, che allinea in perfetta progressione una sorta di assedio della mente, prima all'esterno, con la ragnatela che avviluppa e la pellicola di polvere che copre, poi dentro, con il tarlo che rode nell'intimo e la primordiale ruggine disgregante, intimamente connessa con la nostra natura di esseri pensanti. Nella terza strofa è chiaro che si parla di fallimento, un perdersi che può essere lo scivolamento nel peccato ma anche nell'eretica consapevolezza di non sapere, un processo lento, che va avanti con metodica precisione lasciandoci per molto l'illusione di poterlo contrastare. Ma a conclusione di questo lento scivolamento non può esserci altro che un crollo preparato e prevedibile. In questa interpretazione i diavoli del nono verso non sono altro che i dubbi della nostra mente razionale, connaturati in noi ed esplicitati nella seconda strofa, sempre pronti a chiedersi il perché di qualcosa a cui la fede risponde in maniera netta ma insoddisfacente.
Al verso 9, nel manoscritto si legge in modo chiaro "devils", ma Franklin emenda in "devil's". Ho scelto la lezione originale, visto che la costruzione soggetto plurale e verbo mi sembra funzioni altrettanto bene di quella con il genitivo sassone ("il lavoro del diavolo / costante e lento").


F1011 (1865) / J1054 (1865)

Not to discover weakness is
The Artifice of strength -
Impregnability inheres
As much through Consciousness

Of faith of others in itself
As Pyramidal Nerve
Behind the most unconscious clock
What skillful Pointers move -

    Non palesare debolezza è
L'Artificio della forza -
L'Inespugnabilità la distingue
Tanto per la Consapevolezza

Della fiducia di altri in essa
Quanto per la Piramidale Fermezza
Dietro il più inconsapevole orologio
Che esperte Lancette muova -

La forza di un uomo, concreta o morale, si contraddistingue non tanto per la dote in sé ma per la capacità di non far trasparire la debolezza, inevitabile e connaturata in noi. Il suo vigore si alimenta sia per la consapevolezza che gli altri guardino ad essa con rispetto e fiducia, sia per la geometrica fermezza che guida le sue azioni e fa sì che le lancette della vita vadano comunque avanti, anche se ne siamo inconsapevoli.
Interessante il contrasto fra il "consciuousness" del quarto verso e l'"unconscious" del settimo, ovvero fra la consapevole fiducia attribuita agli "altri" e l'inconsapevole orologio che muove le fila della nostra vita con piramidale fermezza; come se ED dicesse che non è la ragione a farci forti (anzi, forse ci rende più deboli perché ci instilla il seme del dubbio), ma i misteriosi ed esperti fili che guidano l'esistenza al di là delle nostre possibilità di intervento.


F1012 (1865) / J998 (1865)

Best Things dwell out of Sight
The Pearl - the Just - Our Thought -

Most shun the Public Air
Legitimate, and Rare -

The Capsule of the Wind
The Capsule of the Mind

Exhibit here, as doth a Burr -
Germ's Germ be where?

    Le Cose migliori dimorano fuori Vista
La Perla - il Giusto - il Nostro Pensiero -

Le più rifuggono gli Spazi Pubblici
Legittime, e Rare -

La Capsula del Vento
La Capsula della Mente

Si esibiscono qui, come Ricci di castagna -
Il Germe del Germe dov'è?

Le cose più interessanti, quelle che contano, non sono quelle visibili ma quelle, legittime (perché sono quelle che riempiono veramente la nostra vita) e rare (perché molto poche rispetto alla moltitudine che è offerta ai nostri occhi), che rifuggono dal rendersi pubbliche e facilmente accessibili. Quelli che vediamo sono soltanto contenitori, della natura (il mondo) e della nostra mente (il corpo), ma dentro, invisibile come la castagna nel suo riccio, c'è quello che conta, quello di cui ci chiediamo sempre la natura e che non riusciamo mai ad afferrare: il germe del germe, il progenitore dell'inizio.
Al penultimo verso "burr" ha nel Webster significati che non hanno niente a che vedere con il senso dei versi: "lobo o lembo dell'orecchio; nodo del corno vicino alla testa del cervo; animella", mentre "bur" è definito come "Una copertura spinosa per i semi di diverse piante, come la noce e la lappola." Nei dizionari moderni "burr" è indicato come grafia corretta di "bur", mentre nel Webster l'etimologia di "bur" è "burre" (sassone) e "borr" (irlandese), cosa che rende plausibile l'uso della doppia consonante finale, evidentemente poi consolidatosi nel tempo.


F1013 (1865) / J999 (1865)

Superfluous were the Sun
When Excellence be dead
He were superfluous every Day
For every Day be said

That syllable whose Faith
Just saves it from Despair
And whose "I'll meet You" hesitates
If Love inquire "Where"?

Upon His dateless Fame
Our Periods may lie
As Stars that drop anonymous
From an abundant sky.

    Superfluo sarebbe il Sole
Dove l'Eccellenza è morta
Sarebbe superfluo ogni Giorno
Perché ogni Giorno è pronunciata

Quella sillaba la cui Fede
Sola salva dalla Disperazione
E il cui "Ti incontrerò" esita
Se l'Amore chiede "Dove?"

Sulla Sua Fama senza tempo
Le nostre Stagioni possono adagiarsi
Come Stelle che gocciano anonime
Da un cielo abbondante.

Il mondo non avrebbe più senso se si estinguesse l'amore. E non avrebbe più senso nemmeno lo scorrere del tempo, perché in ogni istante la promessa dell'amore è la sola cosa che ci salva dalla disperazione, anche quando lo sentiamo lontano e irraggiungibile. Su questo sentimento senza tempo possiamo adagiare le nostre vite, perché l'amore è capace di accoglierle come il mondo accoglie la luce delle anonime stelle che brillano in un cielo infinito.


F1014 (1865) / J995 (1865)

This was in the White of the Year -
That - was in the Green -
Drifts were as difficult then to think
As Daisies now to be seen -

Looking back, is best that is left
Or if it be - before -
Retrospection is Prospect's half,
Sometimes, almost more -

    Questo fu nel Bianco dell'Anno -
Quello - fu nel Verde -
Le Raffiche erano difficili allora da concepire
Come le Margherite ora da vedere -

Guardare indietro, è il meglio che è rimasto
O se è - avanti -
La Retrospezione è metà della Prospettiva,
Talvolta, quasi di più -

Il testo riportato sopra è quello nei fascicoli; di un'altra copia, in una lettera inviata a Louise Norcross nel marzo 1865 (L307), ci resta la trascrizione di Frances Norcross.

Quando è inverno è difficile riuscire a immaginare lo sbocciare di un fiore, così come nella bella stagione immaginare le raffiche di vento o i cumuli di neve ("drift" può voler dire entrambe le cose). Quando cala il freddo nella natura, o il gelo nell'anima, ci rimane solo la consolazione del ricordo, di un passato che potrebbe essere considerato la metà di ciò che forma la nostra prospettiva di vita, ma che molte volte, quando il presente e il futuro diventano difficili da vivere, diventa molto di più e tende a riempire la nostra esistenza.


F1015 (1865) / J1000 (1865)

The Fingers of the Light
Tapped soft upon the Town
With "I am great and cannot wait
So therefore let me in".

"You're soon", the Town replied,
"My Faces are asleep -
But swear, and I will let you by
You will not wake them up".

The easy Guest complied
But once within the Town
The transport of His Countenance
Awakened Maid and Man

The Neighbor in the Pool
Upon His Hip elate
Made loud obeisance and the Gnat
Held up His Cup for Light.

    Le Dita della Luce
Bussarono lievi alla Città
Con un "sono grande e non posso aspettare
Perciò fammi entrare."

"Sei mattiniera", replicò la Città,
"I miei Volti sono addormentati -
Ma giura, e ti farò passare
Se non li sveglierai."

La disinvolta Ospite accettò
Ma una volta dentro la Città
Lo slancio della Sua Figura
Risvegliò Fanciulle e Uomini

Il Vicino nello Stagno
Si levò su un fianco
Fece un rumoroso inchino e il Moscerino
Sollevò la Sua Coppa alla Luce.

L'alba arriva lieve e insieme prepotente. La città cerca di resistere, poi di impedire che svegli i suoi abitanti, ma la luce è troppo splendente, nulla e nessuno riesce a resistere allo slancio di quella figura che invade ogni via e ogni casa, nemmeno il moscerino nello stagno, che si sveglia arzillo e rende omaggio al nuovo giorno.
La luce può essere metafora di tutto ciò che schiarisce e risveglia, possiamo perciò leggerla come la luce della ragione, dell'amore, della poesia, ecc.


F1016 (1865) / J983 (1865)

Ideals are the Fairy Oil
With which We help the Wheel
But when the Vital Axle turns
The Eye rejects the Oil.
    Gli Ideali sono il Magico Olio
Con cui aiutiamo la Ruota
Ma quando l'Asse Vitale gira
L'Occhio rigetta l'Olio.

L'olio degli ideali è indispensabile per far girare la ruota della vita, ma l'attrito non lascia scampo: dopo un po' l'olio si consuma e l'asse della vita, pur di continuare a girare, impara a farne e meno.


F1017 (1865) / J1055 (1865)

The Soul should always stand ajar
That if the Heaven inquire
He will not be obliged to wait
Or shy of troubling Her

Depart, before the Host have slid
The Bolt unto the Door
To search for the accomplished Guest,
Her Visitor, no more -

    L'Anima dovrebbe sempre star socchiusa
Perché ove il Cielo chieda
Non sia obbligato ad aspettare
O temendo di disturbarla

Se ne vada, prima che Lei faccia scorrere
Il Chiavistello nella Porta
Per scoprire che il cortese Ospite,
Il Suo Visitatore, non c'è più -

Il Cielo del secondo verso è da intendersi come l'evento inaspettato e felice, che bisogna saper afferrare prontamente lasciando sempre socchiusa la porta della nostra interiorità, altrimenti, stufo di aspettare, o magari pensando di disturbarci, c'è il pericolo che fugga via mentre armeggiamo con il chiavistello del portone.
Al verso 5 "host" significa "colei che riceve, che ospita, che accoglie" il "guest" (ovvero l'ospite, colui che viene in visita o è invitato) del verso 7. In italiano (dove "ospite" significa entrambe le cose e il significato è determinato dalla frase) potremmo dire "padrona di casa, anfitrione", ma ho preferito tradurre semplicemente con "lei", anche per non allungare troppo il verso.


F1018 (1865) / J1010 (1865)

Up Life's Hill with my little Bundle
If I prove it steep -
If a Discouragement withhold me -
If my newest step

Older feel than the Hope that prompted -
Spotless be from blame
Heart that proposed as Heart that accepted
Homelessness, for Home -

    Su per il Colle della Vita col mio piccolo Fagotto
Se mi accorgo che è ripido -
Se uno Scoraggiamento mi trattiene -
Se il passo appena fatto

Più vecchio sembra della Speranza che lo provocò -
Incontaminato sia dalla colpa
Il Cuore che propose così come il Cuore che accettò
L'essere senza Casa, come Casa -

Il colle della vita si sale faticosamente, col fagotto di chi si aggira nel mondo per un tempo troppo breve per considerarlo la sua casa. Ma è un cammino che va fatto, anche se ripido, anche se lo sconforto è dietro ogni angolo, anche se via via ogni passo sembra ormai così lontano da quella speranza che ci aveva fatto incamminare fiduciosi verso traguardi che poi scopriamo allontanarsi sempre di più. Nonostante questo, la fatica di vivere, la sconfitta inevitabile che ci attende, non riguarda il "cuore", quella parte di noi che, coraggiosamente, con amore, accetta comunque di vivere come il viandante di un attimo in un mondo senza certezze.


F1019 (1865) / J1011 (1865)

She rose as high as His Occasion
Then sought the Dust -
And lower lay in low Westminster
For Her brief Crest -
    Ella si elevò a tanta altezza a Causa di Lui
Poi cercò la Polvere -
E più in basso giacque nel basso Westminster
Per la Sua breve Corona -

L'amore può elevare a grandi altezze, ma poi, quasi sempre, fa cadere in basso, quasi a far scontare quei brevi momenti di felicità.
Al terzo verso ED si riferisce all'abbazia di Westminster, illustre luogo di sepoltura degno di chi è salito tanto in alto (fra l'altro nel transetto c'è il "Poets' Corner"), e quel "lower... in low" è da leggere come "più sotto della parte bassa" ovvero sotto le lapidi che costellano il pavimento della chiesa.
Questo accenno a un illustre luogo di sepoltura, nello stesso verso di quel "lower" che suggerisce l'idea di una caduta dalle altezze precedenti, rende ambigua la poesia, che potrebbe essere letta anche come: "a tanta altezza ella fu elevata dall'amore per lui, che, quando cercò la polvere (ovvero quando morì), la tomba (lower) fu degna di (o fu conseguente a) quel breve apice di felicità."
C'è anche la possibilità che ED possa riferirsi a una lei concreta sepolta a Westminster; in questo caso non dovrebbe però trattarsi di una scrittrice, visto che nel "Poet's Corner" non ce ne sono, a parte delle lapidi commemorative di Jane Austen e delle sorelle Brontë.


F1020 (1865) / J1056 (1865)

There is a Zone whose even Years
No Solstice interrupt -
Whose Sun constructs perpetual Noon
Whose perfect Seasons wait -

Whose Summer set in Summer, till
The Centuries of June
And Centuries of August cease
And Consciousness - is Noon -

    C'è una Zona i cui Anni uniformi
Nessun Solstizio interrompe -
Il cui Sole costruisce un perpetuo Mezzogiorno
Le cui perfette Stagioni attendono -

La cui Estate sfocia in Estate, finché
I Secoli di Giugno
E i Secoli di Agosto cessano
E la Consapevolezza - è il Mezzogiorno -

Una descrizione dell'eternità come perfezione senza mutamento, in cui il fluire del tempo che ci è familiare si congela in un'eterna estate e in un eterno mezzogiorno e le stagioni diventano di una virtuale perfezione, perché non si susseguono ma sono lì, in attesa, come un ricordo lontano dei mutamenti della vita mortale. Gli ultimi versi suggeriscono tuttavia un cambiamento, una sorta di estinzione dell'eternità inconsapevole per far spazio stavolta ad un nuovo eterno mezzogiorno vissuto nella consapevolezza, un probabile riferimento alla resurrezione.
Nei fascicoli sono indicate tre varianti al "cease" del verso 7: "lapse" ("decadono, passano") sostanzialmente simile a "cease", "fuse" ("si fondono") e "blend" ("si mescolano"). Il senso rimane più o meno inalterato, anche se il concetto di "fondersi, mescolarsi" indica una cesura meno netta e un permanere in una nuova condizione rispetto a un "cessare, decadere".


F1021 (1865) / J1012 (1865)

Which is best? Heaven -
Or only Heaven to come
With that old Codicil of Doubt?
I cannot help esteem

The "Bird within the Hand"
Superior to the one
The "Bush" may yield me
Or may not -
Too late to choose again.

    Qual è meglio? Il Cielo -
O solo il Cielo che verrà
Con quel vecchio Codicillo di Dubbio?
Non posso evitare di credere

L'"Uccello a portata di Mano"
Superiore a quello che
La "Selva" può procurarmi
O forse no -
Troppo tardi per scegliere ancora.

Cosa conviene scegliere: quello che la vita ci offre e che abbiamo concretamente di fronte a noi, o una promessa futura, affascinante ma costellata di dubbi? Non si può fare a meno di pensare che le cose che possiamo vedere, che possiamo tenere in mano, siano superiori a quelle che ci vengono promesse da lontano. Ma il dubbio rimane e il tempo per risolverlo è sempre troppo breve.
Le parole tra virgolette si riferiscono a un proverbio inglese: "A bird in the hand is worth two in the bush" equivalente al nostro "Meglio l'uovo oggi che la gallina domani".


F1022 (1865) / J1177 (1865)

A prompt - executive Bird is the Jay -
Bold as a Bailiff's Hymn -
Brittle and Brief in quality -
Warrant in every Line -

Sitting a Bough like a Brigadier
Confident and straight -
Much is the mien of him in March
As a Magistrate -

    La Ghiandaia è un Uccello pronto - operativo -
Spavaldo come l'Inno di un Balivo -
Di una qualità Secca e Concisa -
Autorevole in ogni Verso -

Siede su un Ramo come un Generale
Sicuro di sé e diritto -
Molto è il suo aspetto in Marzo
Simile a un Magistrato -

Tre manoscritti:
1865: prima versione, nei fascicoli (il testo è riportato sotto);
1872: inviata a Susan, il testo è quello riportato sopra;
1872: altra versione nei fascicoli, uguale alla B) ma in una sola strofa di otto versi. Successivamente ED è ritornata su questa versione (nel 1873 o 1874): ha inserito la variante "Business" ("Un affare") al posto di "Warrant" al verso 4 e ha riportato i due versi finali alla prima lezione, cancellando "Much", "mien", e "Magistrate", sostituiti rispettivamente con "Good", "look" e "Benefit".
Sotto la prima versione.

A bold, inspiriting Bird
Is the Jay -
Good as a Norseman's Hymn -
Brittle and brief in quality -
Warrant in every line -

Riding a Bough like a Brigadier -
Confident and straight -
Good is the look of Him in March
As a Benefit

    Uno spavaldo, stimolante Uccello
È la Ghiandaia -
Bello come un Inno Norreno -
Di una qualità secca e concisa -
Autorevole in ogni verso -

A cavallo di un Ramo come un Generale -
Sicurò di sé e diritto -
Bello è il suo aspetto in Marzo
Come una Promessa

Si può leggere come la semplice descrizione dell'arrivo primaverile di una ghiandaia che, come dice Bacigalupo nelle sue note, "ricorda l'impettito mondo giudiziario.", ma anche come il simbolo dello sbocciare dei versi. La Bulgheroni cita Robert Frost, che "ha visto nel ritratto quasi un autoritratto: perché nella concisione e nella secchezza dei suoi versi la Dickinson cela l'energia di un avvertimento estremo."
Questo riferimento alla poesia può agevolmente leggersi nella prima strofa, dove c'è il richiamo a un componimento strofico (l'Inno che nelle due versioni è prima "Norreno" e poi "di un Balivo"), che viene definito secco, conciso e autorevole in ogni verso, come quelli asciutti, mai ridondanti e sempre pieni di senso di ED, ma anche nella seconda, dove la ghiandaia, e il suo canto, diventano "confident and straight" e appaiono con l'aspetto di una primaverile promessa o di un magistrato, da leggere nell'accezione etimologica di "magister".
Nell'ultimo verso della prima versione ho tradotto liberamente "Benefit" con "Promessa", prendendo spunto sia dalla definizione del Webster: "...a word of extensive use, and expressing whatever contributes to promote prosperity and personal happiness, or add value to property.", sia dall'accostamento con il mese che dà inizio alla primavera del verso precedente.


F1023 (1865) / J1013 (1865)

Too scanty 'twas to die for you,
The merest Greek could that.
The living, Sweet, is costlier -
I offer even that -

The Dying, is a trifle, past,
But living, this include
The dying multifold - without
The Respite to be dead.

    Troppo meschino sarebbe morire per te,
Un comune Levantino potrebbe farlo.
Vivere, Caro, è più costoso -
Io offro proprio questo -

Morire, è un'inezia, dopo,
Ma vivere, include
Un molteplice morire - senza
Il Sollievo di essere morti.

È troppo facile morire d'amore. Il difficile è vivere un amore che sappiamo non potrà mai realizzarsi, ed è proprio questo, questo vivere che è come morire mille volte senza avere però il sollievo e la pace della morte, che viene offerto da chi ama nell'ombra.
Al verso 2 "Greek" è definito, sia nei dizionari moderni che nel Webster, oltre che come "greco", anche come "idioma difficile da capire" (un po' come il nostro "arabo" - vedi la prima versione della J433-F391), che però non mi sembra adatto al senso dei versi. Ho tradotto con "levantino" pensando, in relazione allo "scanty" del verso precedente e al "costlier" del successivo, a qualcuno che sa far bene i propri affari e, perciò, sceglierebbe la soluzione più economica e non quella più costosa.


F1024 (1865) / J1014 (1865)

Did We abolish Frost
The Summer would not cease -
If Seasons perish or prevail
Is optional with Us -
    Abolissimo il Gelo
L'Estate non cesserebbe -
Se le Stagioni periscano o prevalgano
È opzione che dipende da Noi -

L'alternarsi delle stagioni naturali non può mutare, ma le stagioni interiori non seguono un corso prefissato; siamo noi che con il nostro agire le determiniamo.


F1025 (1865) / J1015 (1865)

Were it but Me that gained the Hight -
Were it but They, that failed!
How many things the Dying play -
Might they but live, they would!
    Fossi stata Io a guadagnare l'Altezza -
Fossero stati Loro, a fallire!
Quante cose chi Muore interpreterebbe -
Potessero vivere, lo farebbero!

Nei primi due versi la vita e la morte si confondono: la seconda è sempre vista come un'ascesa verso il cielo, ma forse non è così, perché magari è chi rimane che continua a salire e chi muore fallisce il suo compito vitale. Nei due versi successivi emerge la supremazia della vita, perché chi muore, proprio in quel momento si accorge di quante sono le cose che potrebbe ancora fare, di quanti ruoli potrebbe ancora interpretare sulla scena della vita, se solo potesse vivere.


F1026 (1865) / J1016 (1865)

The Hills in Purple syllables
The Day's Adventures tell
To little Groups of Continents
Just going Home from School -
    Le Colline in Purpuree sillabe
Le Avventure del Giorno narrano
A piccoli Gruppi di Continenti
Che tornano a Casa dalla Scuola -

Un tramonto che racconta le avventure del giorno. Il problema è capire a chi le racconta. L'ultimo verso fa pensare a bambini che tornano dalla scuola, anche se in genere una giornata scolastica non finisce al tramonto. Nel verso che precede però il soggetto è definito come "gruppi di continenti", difficilmente riferibili tout court a gruppi di bambini; probabile che qui ED abbia giocato un po' con le parole, definendo così la natura che ha esaurito l'attività giornaliera e torna a casa per il riposo notturno: non ha avuto molto tempo per guardarsi intorno, come i bambini che stanno a scuola, e perciò le colline imporporate dal tramonto le raccontano le avventure di quel giorno che sta terminando.


F1027 (1865) / J1017 (1865)

To die - without the Dying
And live - without the Life
This is the hardest Miracle
Propounded to Belief.
    Morire - senza la Morte
E vivere - senza la Vita
È questo il più arduo Miracolo
Proposto alla Fede.

La fede ci insegna che morire non è altro che vivere veramente, ma questo significa allora che la morte non ha niente a che fare col morire e, di conseguenza, che la vita, quella vera, non è quella che sperimentiamo quando siamo vivi. Ed è proprio questo il mistero, ingarbugliato come le parole che lo esprimono, che risulta più arduo per chi ha fede ma sente dentro di sé il dubbio della ragione.


F1028 (1865) / J1018 (1865)

Who saw no Sunrise cannot say
The Countenance 'twould be -
Who guess at seeing, guess at loss
Of the Ability -

The Emigrant of Light, it is
Afflicted for the Day -
The Blindness that beheld and blest -
And could not find it's Eye -

    Chi non ha visto l'Alba non può dire
Che Fisionomia abbia -
Chi presume di vedere, presume a danno
Dell'Esperienza -

L'Emigrante della Luce, è
Afflitto per il Giorno -
La Cecità che fissò e glorificò -
E non poté trovare il suo Occhio -

La prima strofa non ha problemi interpretativi: chi non ha visto la luce del sole non può sapere che aspetto abbia; chi si limita ad immaginare ciò che non ha visto perde la concretezza dell'esperienza per rifugiarsi nel sogno astratto e incorporeo.
La seconda è più complicata. L'emigrante della luce è sicuramente il soggetto descritto nella prima strofa: colui che sfugge l'esperienza concreta del giorno. Gli ultimi due versi possono essere interpretati in due modi. Se il soggetto rimane l'emigrante della luce leggiamo: fissò e glorificò un giorno che però per lui non era altro che cecità, in quanto lo sfuggiva, si rifiutava di vederlo, pur fissandolo e cantandone le lodi, e non poté mai trovare un occhio vero, aperto alla luce, l'unico che permette di guardare e vivere il mondo. Se invece, come preferisco, li consideriamo come una descrizione di questo emigrante della luce, allora possiamo leggerli letteralmente, ovvero: per rappresentare colui che sfugge il giorno, possiamo paragonarlo a una sorta di paradosso, a una cecità che si illude di poter fissare al buio la concretezza del mondo, che glorifica, benedice il suo "non vedere" e non riesce mai a trovare il suo vero occhio, quello che gli permetterebbe di godere della luce del giorno.
Questo per quanto riguarda una lettura che si limiti a interpretare in qualche modo le parole. Se poi cerchiamo il significato non letterale di questi versi potremmo ipotizzare una riflessione sul divino, sul mistero: chi non ha mai visto Dio, ovvero tutti noi, non può saperne niente; chi si illude di poterne avere consapevolezza può produrre al massimo delle ipotesi, non sorrette da nessuna esperienza concreta. Colui che preferisce sfuggire alla concretezza della luce vive la sua vita come un'afflizione, una cecità con lo sguardo spento fissato illusoriamente su una speranza di gloriosa immortalità, invece di un occhio mortale e limitato, ma aperto alle bellezze reali e tangibili che lo circondano.
Ma potremmo anche leggerla senza scomodare la divinità: chi non è mai stato felice non può sapere cosa sia la felicità, e chi vive solo immaginandola non sa che bella esperienza si perde. Colui che non cerca la felicità, o magari la cerca senza trovarla, non può che essere afflitto dalla luce che vede sul volto degli altri, si sente come un cieco che riesce a capire quale benedizione sarebbe il poter vedere, ma non ha un occhio che gli permetta di farlo.
Al verso 4 ho tradotto "ability" con "esperienza" perché questo mi sembra il senso da dare a questa parola nel contesto dei versi. Alcune definizioni del Webster: "Potere concreto, sia del corpo che della mente; naturale o acquisito; potere di comprensione; esperienza in arti o scienze", anche se simili a quelle dell'italiano "abilità", mi fanno pensare che ED l'abbia usata per contrapporre la sicura concretezza dell'esperienza all'astrattezza e all'indeterminatezza di quel "guess" ("presumere" o anche "immaginare, congetturare") ripetuto due volte nel verso precedente.


F1029 (1865) / J1057 (1865)

I had a daily Bliss
I half indifferent viewed
Till sudden I perceived it stir -
It grew as I pursued

Till when around a Hight
It wasted from my sight
Increased beyond my utmost scope
I learned to estimate -

    C'era un'Estasi di ogni giorno
A cui distrattamente guardavo
Finché all'improvviso la sentii agitarsi -
Cresceva mentre l'inseguivo

Finché quando vicino a un'Altura
Svanì dal mio sguardo
Accresciuta ben oltre il mio ambito
Imparai a valutare -

Un tributo alla felicità di ogni giorno, quella che possiamo trovare nei semplici avvenimenti quotidiani e che quasi sempre guardiamo con distratta sufficienza, fino a che non scompare e ci lascia il rimpianto di non averla saputa valutare e, soprattutto, di non averla praticamente vissuta.


F1030 (1865) / J1019 (1865)

My Season's furthest Flower -
I tenderer commend
Because I found Her Kinsmanless,
A Grace without a Friend.
    L'estremo Fiore della mia Stagione -
Teneramente raccomando
Perché lo trovai senza Congiunti,
Una Grazia senza un Amico.

Delicato omaggio alla solitudine, non quella cercata da chi vuole rimanere solo con se stesso, ma quella imposta dall'esistenza a chi resta per ultimo, senza più congiunti o amici.


F1031 (1865) / J1020 (1865)

Trudging to Eden, looking backward,
I met Somebody's little Boy
Asked him his name - He lisped me "Trotwood" -
Lady, did He belong to thee?

Would it comfort - to know I met him -
And that He did'nt look afraid?
I could'nt weep - for so many smiling
New Acquaintance - this Baby made -

    Arrancavo verso l'Eden, guardando indietro,
M'imbattei nel Figlioletto di Qualcuno
Chiesi il suo nome - balbettò "Trotwood" -
Signora, apparteneva a te?

Può consolarti - sapere che l'ho incontrato -
E che non sembrava impaurito?
Io non piangerei - perché tante sorridenti
Nuove Conoscenze - il Bimbo ha fatto -

Un omaggio a Dickens (è lui il "Somebody" del secondo verso, parola che, come in italiano, significa anche "persona importante, di riguardo") attraverso il suo personaggio più famoso, David Copperfield. Possiamo leggervi anche l'immagine della vita di un personaggio che sopravvive al suo autore, consolato dalla morte del "padre" dalle nuove e interessanti conoscenze che fa tra i suoi lettori.
Betsy Trotwood (v. 3) è la prozia che accoglie l'orfano David.


F1032 (1865) / J1021 (1865)

Far from Love the Heavenly Father
Leads the Chosen Child,
Oftener through Realm of Briar
Than the Meadow mild.

Oftener by the Claw of Dragon
Than the Hand of Friend
Guides the Little One predestined
To the Native Land.

    Lontano dall'Amore il Padre Celeste
Conduce il Figlio Eletto,
Più spesso attraverso il Regno del Rovo
Che nella dolce Prateria.

Più spesso con l'Artiglio del Drago
Che con la Mano dell'Amico
Guida il Piccolo predestinato
Alla Terra Natia.

L'uomo è il figlio prediletto di Dio, ma questo privilegio ha un costo molto alto; perché lui è un padre che certo non vizia i suoi figli, anzi li conduce molto più spesso in luoghi inospitali e difficili da percorrere, piuttosto che in dolci e serene praterie. Ma non si limita a farli vivere in un mondo pieno di spine; li guida, in questo viaggio verso il ritorno alla patria celeste, non con la mano tenera di un amico, ma quasi sempre con l'artiglio duro e doloroso del drago.
Ma forse il verso più significativo di questa poesia, così dura verso un Dio che sembra meritare in pieno questa durezza, è il primo, perché nessun padre che ama i propri figli li terrebbe lontani dall'amore.


F1033 (1865) / J1022 (1865)

I knew that I had gained
And yet I knew not how
By Diminution it was not
But Discipline unto

A Rigor unrelieved
Except by the Content
Another bear it's Duplicate
In other Continent.

    Sapevo di aver guadagnato
Eppure non sapevo come
Non era per la Riduzione
Ma per la Disciplina verso

Un Rigore non mitigato
Se non dal Conforto
Che Altri ne sopporta un Duplicato
In un altro Continente.

ED inizia con un paradosso: "sapevo di aver guadagnato" dalla perdita di qualcuno; poi si interroga sul perché di questo strano guadagno e trova la risposta non, ovviamente, nella "riduzione, diminuzione" che segue a questa perdita, ma nel rigore della rinuncia verso cui si indirizza disciplinatamente la nostra mente. Un rigore duro da sopportare, se non fosse per il blando conforto che deriva dal sapere che l'altro (o l'altra) ne sopporta un esatto duplicato in quel luogo lontano dove si trova ora.
L'ultimo verso, con quel richiamo ad un altro continente, fa presumere la possibilità che ED si riferisca ad una persona precisa, anche se la frase potrebbe essere un sinonimo di "altro mondo", ovvero l'aldilà, e la perdita riferirsi alla morte e non all'allontanamento di qualcuno. In questo caso però sarebbe un po' forzata, ma comunque possibile, l'interpretazione del penultimo verso, con quella "sopportazione" poco adatta ad un'anima che si libra negli eterei spazi celesti.
Errante (1975), citando la Patterson (Rebecca Patterson, The Riddle of Emily Dickinson, Houghton Mifflin, Boston, 1951) fa due ipotesi su questa possibile identificazione: Kate Scott, partita nell'ottobre del 1864 per l'Europa, dove si fermò alcuni mesi, dopo essersi fidanzata della primavera dello stesso anno, e Charles Wadsworth, partito per la California nel 1862. Se consideriamo che la poesia dovrebbe essere stata scritta intorno al 1865, il dato cronologico, oltre al fatto che, come dice Errante, "...la California non poteva essere per Emily un altro Continente" fa preferire la prima ipotesi.


F1034 (1865) / J1023 (1865)

It rises - passes - on our South
Inscribes a simple Noon -
Cajoles a Moment with the Spires
And infinite is gone -
    Sorge - passa - sul nostro Sud
Iscrive un semplice Mezzogiorno -
Lusinga per un Istante le Guglie
E infinito se ne va -

Il sole che sorge e illumina il nostro sud. Poi lascia inciso nella natura e nella nostra mente un semplice ma splendente mezzogiorno. Infine, così come era venuto, se ne va, non senza lusingare con il calore e la bellezza del tramonto le cime di ogni cosa.
Quattro versi, in ciascuno dei quali è descritta un'ora del giorno e una tappa del percorso del sole: l'alba, il mezzogiorno, il tramonto, la sera.


F1035 (1865) / J1024 (1865)

So large my Will
The little that I may
Embarrasses
Like gentle infamy -

Affront to Him
For whom the Whole were small
Affront to me
Who know His meed of all.

Earth at the best
Is but a scanty Toy -
Bought, carried Home
To Immortality

It looks so small
We chiefly wonder then
At our Conceit
In purchasing.

    Così grande la mia Volontà
Che il poco che posso
M'imbarazza
Come gentile infamia -

Un affronto a Lui
Per il quale l'Intero sarebbe minuscolo
Un affronto a me
Che conosco il Suo premio per tutto.

La Terra al massimo
Non è che un misero Gioco -
Comprato, portato a Casa
All'l'Immortalità

Appare così minuscola
Che perlopiù ci meravigliamo poi
Della nostra Presunzione
Nell'acquisto.

Qui ED lascia da parte i dubbi e sfoga la sua voglia di credere. Soltanto nella prima strofa c'è un fugace accenno al contrasto fra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere, alla disparità fra la potenziale grandezza della nostra volontà e i miseri esiti che riusciamo a raccogliere sulla via della comprensione. Nelle tre che seguono questo contrasto si scioglie in immagini che descrivono l'inadeguatezza del "poco che possiamo" del secondo verso, rispetto alla grandezza infinita di Dio e anche in confronto alla fede, che "conosce" (ma non comprende) quel premio che ci attende alla fine della nostra vita, quando quella Terra che ci ha accolti apparirà come un semplice espediente per farci conquistare l'immortalità, un bene così minuscolo che, poi - ovvero dopo l'esaurimento del nostro ciclo mortale - ci meraviglieremo di quanto ci sembrasse importante quell'acquisto che riempiva la nostra vita.


F1036 (1865) / J1025 (1865)

The Products of my Farm are these
Sufficient for my Own
And here and there a Benefit
Unto a Neighbor's Bin.

With Us, 'tis Harvest all the Year
For when the Frosts begin
We just reverse the Zodiac
And fetch the Acres in.

    Questi sono i Prodotti della mia Fattoria
Sufficienti per me Stessa
E qua e là per un'Offerta
Nel Corbello di un Vicino.

Con Noi, è Raccolto tutto l'Anno
Perché quando il Gelo inizia
Ci basta rovesciare lo Zodiaco
E facciamo fruttare gli Acri.

Ecco quali sono i prodotti della mia fattoria: questi versi. Di solito bastano per me, ma talvolta qualcuno di loro va ad arricchire la cesta di un vicino. Con noi poeti potete stare tranquilli, perché i nostri frutti non sono influenzati dai capricci della natura; ci basta vedere il mondo con altri occhi per far sì che l'inverno scompaia e i nostri campi non risentano del gelo che blocca germogli diversi dai nostri.


F1037 (1865) / J1026 (1865)

The Dying need but little, Dear,
A Glass of Water's all,
A Flower's unobtrusive Face
To punctuate the Wall,

A Fan, perhaps, a Friend's Regret
And Certainty that one
No color in the Rainbow
Perceive, when you are gone -

    Ai Morenti basta poco, Caro,
Un Bicchiere d'Acqua è tutto,
Il Volto discreto di un Fiore
A punteggiare la Parete,

Un Ventaglio, forse, il Pianto d'un Amico
E la Certezza che qualcuno
Nessun colore nell'Arcobaleno
Percepirà, quando te ne sarai andato -

Nel momento della morte i desideri si affievoliscono, basta un volto amico, un fiore che ricordi la natura che stiamo lasciando e la certezza che ci sia almeno uno di quelli che restano per il quale la nostra morte cancellerà i colori dell'arcobaleno, perché questo significa che almeno per uno noi eravamo la luce.


F1038 (1865) / J1058 (1865)

Bloom - is Result - to meet a Flower
And casually glance
Would cause one scarcely to suspect
The minor Circumstance

Assisting in the Bright Affair
So intricately done
Then offered as a Butterfly
To the Meridian -

To pack the Bud - oppose the Worm -
Obtain it's right of Dew -
Adjust the Heat - elude the Wind -
Escape the prowling Bee -

Great Nature not to disappoint
Awaiting Her that Day -
To be a Flower, is profound
Responsibility -

    Sbocciare - è il Risultato - incontrare un Fiore
E casualmente dargli uno sguardo
Potrà a malapena far intuire
Le Circostanze minute

Che collaborano alla Brillante Faccenda
Così intricatamente compiuta
Poi offerta come una Farfalla
Al Mezzogiorno -

Riempire il Bocciolo - opporsi al Verme -
Ottenere i propri diritti di Rugiada -
Regolare il Calore - eludere il Vento -
Fuggire l'Ape cacciatrice -

Non deludere Madre Natura
Che l'aspetta in quel Giorno -
Essere un Fiore, è profonda
Responsabilità -

Non è facile riuscire a cogliere la complessità del mondo. In genere vediamo i risultati di questa complessità e non ci rendiamo conto del lungo e difficile lavoro che c'è stato prima, delle continue prove che un fiore, ma potrebbe essere qualsiasi essere vivente, deve superare per sbocciare e vivere.


F1039 (1865) / J1027 (1865)

My Heart upon a little Plate
Her Palate to delight
A Berry or a Bun, would be,
Might it an Apricot!
    Il mio Cuore su un piccolo Vassoio
Il suo Palato a deliziare
Una Bacca o una Focaccia, saranno,
Magari un'Albicocca!

Johnson annota che "evidentemente fu scritta per accompagnare un dono di frutti". I primi due versi furono riportati da Frances Norcross nell'elenco delle poesie inviate a lei e alla sorella Louise.

Un cesto con frutti e una focaccia, ambasciatore di un affetto lontano.


F1040 (1865) / J1028 (1865)

'Twas my one Glory -
Let it be
Remembered
I was owned of Thee -
    Fu la mia unica Gloria -
Lascia che sia
Ricordato
Il mio essere Tua -

Johnson annota che "si tratta probabilmente di una poesia che accompagnava fiori". Può essere, ma stavolta il fiore può essere identificato, più di altre volte, con colei che lo ha mandato.


F1041 (1865) / 1029 (1865)

Nor Mountain hinder Me
Nor Sea -
Who's Baltic,
Who's Cordillera?
    Non mi ostacoli Montagna
Né Mare -
Chi è il Baltico,
Chi è la Cordigliera?

Anche per questa poesia Johnson ipotizza l'invio di un fiore. Stavolta però non mi sembra ci siano elementi a favore di questa ipotesi. A me sembra piuttosto un voler affermare la propria libertà d'azione, per poi mitigarla con la possibilità che vi sia qualcuno capace di fermare questa volontà di libertà, magari con l'amore.
L'interpretazione è sorretta anche dalla struttura formale dei versi: due di negazione seguiti da due di domanda, con una struttura speculare confermata dal Mare/Baltico del secondo e terzo e dalla Montagna/Cordigliera del primo e quarto.


F1042 (1865) / J1080 (1866)

When they come back - if Blossoms do -
I always feel a doubt
If Blossoms can be born again
When once the Art is out -

When they begin, if Robins may,
I always had a fear
I did not tell, it was their last Experiment
Last Year,

When it is May, if May return,
Had nobody a pang
Lest in a Face so beautiful
He might not look again?

If I am there - One does not know
What Party - One may be
Tomorrow, but if I am there
I take back all I say -

    Quando tornano - se i Fiori tornano -
Sempre mi domando
Se i Fiori possano nascere ancora
Una volta che l'Arte sia estinta -

Quando ricominciano, se i Pettirossi possono,
Sempre ho la paura
Indicibile, che il loro ultimo Esperimento sia stato
L'Anno passato,

Quando è Maggio, se Maggio ritorna,
Avrà qualcuno una fitta
Per paura che un Volto così bello
Non possa guardare ancora?

Se sarò là - non si può sapere
In quale Compagnia - si possa essere
Domani, ma se sarò là
Ritiro tutto ciò che ho detto -

L'incertezza del domani descritta come paura sia di non sapere se ciò che amiamo potrà tornare, sia di non essere là quando il ritorno avverrà. Il quarto verso, e la seconda strofa, suggeriscono che ED stia parlando della poesia, di quell'arte che vive insieme al continuo rifiorire della natura e che probabilmente morirà insieme ad essa, di quel canto che si teme di aver ascoltato per l'ultima volta l'anno passato, come un timore di veder inaridire l'ispirazione poetica. Poi c'è come una virata verso la paura di non esserci, quando tornerà la bellezza di quel maggio simbolo della rinascita. Infine, nell'ultima strofa, l'incertezza diventa concreta - nessuno può sapere se domani ci sarà e in quale compagnia sarà compreso (se in quella dei vivi o dei morti) - per poi chiudere con una sorta di sberleffo che sembra rovesciare quella che potremmo chiamare la nostalgia del futuro: fin quando riuscirò a vedere il rifiorire della natura, a sentire il canto del pettirosso, a godere del ritorno della primavera, fate finta di non aver sentito tutto ciò che ho detto.
Alcuni versi suggeriscono il prevalere della prima ipotesi (il disseccarsi dell'ispirazione poetica), altri della seconda (la paura di morire). Se poi si legge la poesia con attenzione, si vede come entrambe le interpretazioni possano essere plausibili.
Per la prima: quando compongo una poesia ho sempre paura che la mia ispirazione possa finire; quando torno a comporre temo sempre di non riuscire a ripetere il melodioso canto di quella che l'ha preceduta; se avverto che l'ispirazione è tornata, mi viene il dubbio che comunque non riuscirò a ripetere il miracolo; ma poi, alla fine, finché continuerò a scrivere, quello che ho detto lascia il tempo che trova.
Per la seconda: quando vedo sbocciare nuovamente i fiori, mi chiedo sempre se vedrò un'altra fioritura o se invece l'arte di vivere sarà per me ormai estinta; quando si ricomincia a sentire il canto del pettirosso ho paura di non riuscire a seguire fino alla fine quel suo esperimento canoro che aveva accompagnato l'anno appena trascorso; quando torna la primavera, la sua bellezza è offuscata dal timore di non vederne più un'altra; ma poi, alla fine, mi dico che finché ci sarò, a godere di queste bellezze, non vale la pena di pensare troppo a quando invece ne sarò privata.
Insomma, come sempre, il lettore potrà scegliere la prima interpretazione, la seconda, entrambe, o una qualsiasi altra.


F1043 (1865) / J1081 (1866)

Superiority to Fate
Is difficult to gain
'Tis not conferred of Any
But possible to earn

A pittance at a time
Until to Her surprise
The Soul with strict economy
Subsist till Paradise.

    La superiorità sul Fato
È difficile da raggiungere
Non è conferita da Nessuno
Ma è possibile ottenerla

Una briciola alla volta
Finché con Sua sorpresa
L'Anima in stretta economia
Sopravvive fino al Paradiso.

Il Paradiso non si ottiene per diritto naturale o per l'intervento di qualcuno, è l'anima che deve guadagnarselo vivendo giorno per giorno la vita quotidiana e risparmiano ogni briciola di ciò che le viene offerto. Se riesce a risparmiare abbastanza riuscirà ad arrivare indenne a quel traguardo, sorpresa di avercela fatta.


F1044 (1865) / J1082 (1866)

Revolution is the Pod
Systems rattle from
When the Winds of Will are stirred
Excellent is Bloom

But except it's Russet Base
Every Summer be
The Entomber of itself,
So of Liberty -

Left inactive on the Stalk
All it's Purple fled
Revolution shakes it for
Test if it be dead -

    La Rivoluzione è il Baccello
Da cui i Sistemi erompono
Quando i Venti della Volontà si agitano
Eccellente è il Fiore

Ma salvo la sua Rozza Base
Ogni Estate diventa
Il Seppellitore di se stesso,
Così per la Libertà -

Lasciata inattiva sullo Stelo
Tutta la sua Porpora svanita
La Rivoluzione la scuote per
Testare se sia morta -

Il fiore, come la libertà, trae la sua bellezza e la sua vitalità dal cambiamento, da quella rivoluzione ciclica della volontà che fa erompere il nuovo, così come fa il baccello quando è agitato dai venti. Per questo il fiore accetta di diventare il seppellitore di se stesso, perché sa che soltanto così riuscirà a rigenerarsi e rinascere. E così succede con la libertà, che resta a volte inerte, svuotata della sua purpurea bellezza, finché una rivoluzione la scuote e la fa rinascere dal suo torpore che a volte sembra mortale.
Bacigalupo afferma che "E.D. si riconosce nel carattere innovatore della società americana, nata appunto da una rivoluzione."
Il soggetto dell'ultima strofa è ambiguo: può essere il fiore (come nelle traduzioni di Raffo nei Meridiani: "Abbandonato inerte sullo stelo"" e di Binni: "lasciato inattivo sullo stelo") o la libertà (Bacigalupo: "lasciata inattiva sullo stelo"). Ho preferito la seconda interpretazione perché mi sembra che l'ultimo verso della strofa precedente sia una sorta di preludio all'ultima, nella quale si scioglie la metafora del fiore, che diventa, appunto, la libertà.


F1045 (1865) / J1083 (1866)

We learn in the Retreating
How vast an one
Was recently among us -
A Perished Sun

Endear in the departure
How doubly more
Than all the Golden presence
It was - before -

    Impariamo nella Scomparsa
La grandezza di qualcuno
Che era di recente fra noi -
Un Sole Estinto

Ci è caro nella partenza
Due volte di più
Di tutta la Dorata presenza
Che c'era - prima -

Una riflessione su quanto spesso la grandezza di qualcuno ci appaia chiara ed evidente soltanto quando lo perdiamo, così come apprezziamo di più il sole, o la bella stagione, quando sono ormai passati e ne aspettiamo con ansia il ritorno.


F1046 (1865) / J1086 (1866)

What Twigs We held by -
Oh the View
When Life's swift River striven through
We pause before a further plunge
To take Momentum -
As the Fringe

Upon a former Garment shows
The Garment cast,
Our Props disclose
So scant, so eminently small
Of Might to help, so pitiful
To sink, if We had labored, fond
The diligence were not more blind

How scant, by everlasting Light
The Discs that satisfied our Sight -
How dimmer than a Saturn's Bar
The Things esteemed, for Things that are!

    Quanti Ramoscelli trattenemmo -
Oh che Vista
Quando lottato contro il rapido Fiume della Vita
Ci fermiamo prima di un nuovo tuffo
Per prendere lo Slancio -
Come l'Orlo sfrangiato

In un vecchio Vestito indica
Il Vestito smesso,
I nostri Sostegni si rivelano
Così inadeguati, così eminentemente privi
Della Forza di soccorrere, così miseri
Da sprofondare, se avessimo provato, illusi
Che la diligenza non fosse più cieca

Tanto inadeguati, nella Luce perenne
I Dischi che soddisfano il nostro Sguardo -
Tanto più fioca di una Barra di Saturno
La stima delle Cose, rispetto alle Cose reali!

I sostegni che pensiamo di avere in pugno dopo aver attraversato le tumultuose vie della vita si rivelano, nel momento in cui ci servono, soltanto dei fragili ramoscelli, inservibili come un vestito ormai vecchio e messo da parte. Ciò che appare così saldo e ci sembra appagare il nostro desiderio di sicurezza si rivela ben poca cosa di fronte alla realtà della nostra pochezza, come se paragonassimo le fioche stelle del cielo alla perenne luce divina.
I versi sono frammentati ed è necessario un lavoro di ricucitura per rimetterli insieme. Il primo si ricollega al nono (i ramoscelli che si rivelano sostegni così scarsi) dopo due digressioni: la prima che descrive il momento in cui ci rendiamo conto di essere praticamente indifesi, ovvero quando, fermandoci per riprendere lo slancio, abbiamo bisogno di quei sostegni che credevamo saldi; la seconda con la similitudine del vestito smesso e ormai inservibile, che prepara la descrizione dell'amara disillusione, quando ci rendiamo conto che, se dovessimo usarli, quei fragili ramoscelli sprofonderebbero senza darci alcun aiuto e farebbero cadere l'illusione che la diligenza con cui li abbiamo raccolti e conservati ci abbia messo al sicuro di fronte al buio del futuro. L'ultima strofa è l'amara constatazione di quanto possa essere fallace e insignificante il nostro metro di giudizio, di fronte alla realtà delle cose e alla misteriosa grandezza del mistero.


F1047 (1865) / J1087 (1866)

We miss a Kinsman more
When warranted to see
Than when withheld of Oceans
From possibility

A Furlong than a League
Inflicts a pricklier pain,
Till We, who smiled at Pyrrhenees -
Of Parishes, complain.

    Un Congiunto ci manca di più
Quando è concesso di vederlo
Che quando da Oceani è negato
Alla possibilità

Un Metro rispetto a un Miglio
Infligge una pena più pungente,
Fin quando Noi, che sorridemmo ai Pirenei -
Dei Parrocchiami, ci lamentiamo.

La vicinanza non è sempre positiva. Talvolta anzi c'è qualcuno che ci manca di più quando lo vediamo tutti i giorni (forse perché ci manca l'idea che amavamo farcene), di quanto ci mancherebbe se questa possibilità fosse negata da oceani di distanza. Ma questo perlopiù succede perché è nostra abitudine guardare con occhi benevoli alle cose lontane e lamentarci continuamente di ciò che ci circonda.
Al verso 5 "furlong" è un'unità di misura pari a un ottavo di miglio, mentre "league" corrisponde a tre miglia. Un furlong è perciò ventiquattro volte più corto di una lega. Non ho trovato un corrispondente italiano di questa differenza di lunghezza e così ho usato "metro" e "miglio", che peraltro contengono un'assonanza simile a "furlong-league". La differenza diventa molto più alta (un miglio sono più di 1600 metri) ma credo che la cosa sia ininfluente.


F1048 (1865) / J1088 (1866)

Ended, ere it begun -
The Title was scarcely told
When the Preface perished from Consciousness
The Story, unrevealed -

Had it been mine, to print!
Had it been your's, to read!
That it was not our privilege
The interdict of God -

    Finì, prima d'iniziare -
Il Titolo era a malapena detto
Che la Prefazione svanì dalla Consapevolezza
La Trama, non rivelata.

Fosse toccato a me, pubblicare!
Fosse toccato a te, leggere!
Che ciò non fosse nostro privilegio
Interdizione di Dio -

Il rammarico per una storia (d'amore?) finita prima di cominciare, con la rassegnata, e amara, constatazione finale.
Nei primi due versi della seconda strofa ho usato i pronomi personali e non i possessivi per mantenere l'indeterminatezza del genere. La figlia Martha Dickinson Bianchi, nella sua edizione del 1932 delle poesie della zia, afferma che i versi furono inviati alla madre, perciò lo "yours" al verso 8 potrebbe essere riferito alla stessa Susan, ma anche a una persona nota a entrambe.


F1049 (1865) / J1089 (1866)

Myself can read the Telegrams
A Letter chief to me
The Stock's advance and Retrograde
And what the Markets say

The Weather - how the Rains
In Counties have begun.
'Tis News as null as nothing,
But sweeter so, than none.

    Posso leggere i Telegrammi
Una Lettera cara per me
L'avanzare e il Retrocedere della Borsa
E cosa dice il Mercato

Il Tempo - come le Piogge
Siano cominciate nelle Contee.
Sono Notizie nulle come il niente,
Ma più dolce così, di nessuna.

Le cose di tutti i giorni, quasi sempre poco significative, riempiono comunque le nostre giornate. Anche se sono irrilevanti, saperle, riceverne notizia, è senz'altro meglio del nulla.
Potrebbe sembrare quasi una smentita dei primi versi della J405-F535 (It might be lonelier / Without the Loneliness -), ma in quella la solitudine assume un aspetto molto più profondo e intimo, mentre in questa la descrizione è molto più "leggera", anche se di una leggerezza temperata da quella triplice quasi ripetizione negli ultimi due versi (null, nothing, none), che trasmette una sorta di "horror vacui".


F1050 (1865) / J1090 (1866)

I am afraid to own a Body -
I am afraid to own a Soul -
Profound - precarious Property -
Possession, not optional -

Double Estate, entailed at pleasure
Upon an unsuspecting Heir -
Duke in a moment of Deathlessness
And God, for a Frontier.

    Ho paura di possedere un Corpo -
Ho paura di possedere un'Anima -
Profonda - precaria Proprietà -
Possesso, senza scelta -

Doppio Patrimonio, intestato a piacere
A un Erede che non fa domande -
Duca in un attimo d'Immortalità
E Dio, per Frontiera.

Nessuna scelta è concessa quando a ciascuno di noi viene assegnato un corpo e un'anima. Diventano nostre proprietà come se fossero un'eredità lasciata a qualcuno che non fa, e non potrebbe fare, domande sulla natura di ciò che riceve. È una sorta di investitura, che ci dà la signoria di un attimo, in cui assaporiamo il sapore dell'immortalità per poi trovarci subito ai confini ultimi delle nostre proprietà, una frontiera che ha dall'altra parte il mistero di Dio.